Загрузил Iryna Shershen

05-Eziologia problemi ortod

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C A P I T O L O
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Eziologia dei problemi ortodontici
Cause specifiche di malocclusione
Alterazioni durante lo sviluppo embrionale
CAUSE SPECIFICHE
DI MALOCCLUSIONE
Alterazioni durante lo sviluppo scheletrico
Disfunzioni muscolari
Acromegalia e ipertrofia emimandibolare
Alterazioni dello sviluppo dentale
Influenze genetiche
Influenze ambientali
Teoria dell’equilibrio e sviluppo dell’occlusione dentale
Influenze funzionali sullo sviluppo dentofacciale
Opinione attuale sull’eziologia delle malocclusioni
Evoluzione delle opinioni sull’eziologia delle malocclusioni
Eziologia dell’affollamento e del disallineamento dentale
Eziologia dei problemi scheletrici
La malocclusione è una condizione legata allo sviluppo. Nella maggior parte dei casi le malocclusioni e le alterazioni dentofacciali non sono causate da particolari processi patologici, bensì da lievi alterazioni del normale sviluppo. Talvolta è evidente una singola causa specifica, come per esempio un deficit della mandibola secondario a
una frattura mandibolare nell’età infantile, o una malocclusione caratteristica di una determinata sindrome genetica. Molto più spesso le malocclusioni sono il risultato di
una complessa interazione tra molteplici fattori che influenzano la crescita e lo sviluppo ed è impossibile indicare uno specifico fattore eziologico (Fig. 5.1).
Sebbene sia difficile riconoscere le cause precise della
maggior parte delle malocclusioni, noi sappiamo comunque quali in generale possono sussistere; pertanto esse devono essere prese in considerazione quando prescriviamo
un trattamento. In questo capitolo esamineremo i fattori
eziologici delle malocclusioni distinti in tre gruppi principali: cause specifiche, fattori ereditari e fattori ambientali.
Il capitolo si conclude con una panoramica sulle interazioni tra componenti ereditarie e ambientali, responsabili
dello sviluppo dei più frequenti tipi di malocclusione.
Alterazioni durante lo sviluppo embrionale
I difetti di sviluppo embrionale generalmente provocano
la morte dell’embrione. Ben il 20% delle interruzioni
precoci di gravidanza è conseguente a difetti embrionali
incompatibili con la vita e spesso ciò avviene tanto precocemente che la madre non si accorge neppure che vi è stato il concepimento.
Solo un numero relativamente ristretto di condizioni
riconoscibili che si associano a problemi ortodontici è
compatibile con una sopravvivenza a lungo termine. Le
più comuni di queste condizioni e le loro origini embrionali sono brevemente discusse e illustrate nel Capitolo 3.
Maggiori dettagli sono forniti nei testi specifici sulle sindromi facciali1 e sulle deformità dentofacciali.2, 3
Esiste un’ampia varietà di cause che possono determinare difetti embrionali; esse vanno da alterazioni genetiche a influenze ambientali specifiche. Gli agenti chimici e
di altra natura in grado di produrre difetti embrionali sono definiti teratogeni se intervengono in un momento critico dello sviluppo.
Molti farmaci non interferiscono con il normale sviluppo, ma a dosi elevate uccidono l’embrione senza produrre alterazioni; in tal caso non possono essere definiti
teratogeni.
Gli agenti teratogeni generalmente provocano difetti
specifici se presenti a bassi livelli, ma se somministrati a
dosi più elevate provocano effetti letali.
Gli agenti teratogeni noti che determinano problemi
ortodontici sono elencati nella Tabella 5.1.
I problemi che possono essere ricondotti a difetti embrionali, peraltro devastanti per l’individuo che ne è affetto, sono per fortuna relativamente rari.
Secondo le stime attualmente più attendibili, meno
dell’1% dei bambini che devono ricorrere ad apparecchi ortodontici ha avuto come causa principale della malocclusione qualche alterazione durante lo sviluppo embrionale.
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SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
Causa conosciuta
5%
Malocclusione
da cause
sconosciute
60%
Occlusione
normale
35%
FIGURA 5.1 Secondo un’ampia indagine, risulta che solo circa un
terzo della popolazione degli Stati Uniti d’America ha un’occlusione
normale, mentre i due terzi presentano un certo grado di malocclusione. Nel gruppo con una malocclusione, un’esigua minoranza ha problemi attribuibili a una causa specifica nota; in tutti gli altri la malocclusione è il risultato di una combinazione complessa e scarsamente
nota di fattori ereditari e ambientali.
TABELLA 5.1 Agenti teratogeni che interagiscono con lo sviluppo dentofacciale.
Agente teratogeno
Aminopterina
Acido acetilsalicilico
Fumo di sigaretta (ipossia)
Cytomegalovirus
Dilantin
Alcol etilico
6-mercaptopurina
Acido 13 cis-retinoico
Virus della rosolia
Talidomide
Toxoplasma
Raggi X
Diazepam
Eccesso di vitamina D
Effetto
Anencefalia
Labiopalatoschisi
Labiopalatoschisi
Microcefalia, idrocefalia, microftalmia
Labiopalatoschisi
Deficit centrale emifacciale
Palatoschisi
Sindrome dell’acido retinoico, talvolta
microsomia emifacciale, sindrome di
Treacher-Collins
Microftalmia, cataratte, sordità
Malformazioni simili alla microsomia emifacciale, sindrome di Treacher-Collins
Microcefalia, idrocefalia, microftalmia
Microcefalia
Labiopalatoschisi
Prematura ossificazione delle suture
Alterazioni durante lo sviluppo scheletrico
Compressioni del feto e lesioni da parto. Le lesioni
che si manifestano alla nascita possono essere distinte in
due gruppi principali: (1) deformazioni per compressione
intrauterina e (2) traumi mandibolari durante il parto, soprattutto in seguito all’uso del forcipe.
Deformazioni per compressione intrauterina. Una pressione esercitata contro le strutture facciali in via di sviluppo in fase prenatale può portare ad alterazioni delle aree in
rapido accrescimento. A rigor di termini, questo fenome-
no non rappresenta una lesione da parto, ma poiché gli effetti si notano solo alla nascita viene considerato tale. In
rare occasioni nell’utero un braccio del feto può essere
schiacciato contro la faccia e determinare alla nascita un
grave deficit maxillare (Fig. 5.2). Occasionalmente la testa
del feto si flette eccessivamente sul torace, impedendo così
un normale sviluppo in avanti della mandibola. Ciò può
avvenire per varie ragioni e tra queste la diminuzione del
volume del liquido amniotico. La conseguenza di tale situazione è il riscontro alla nascita di una mandibola estremamente piccola, generalmente accompagnata da una palatoschisi, poiché la limitazione dell’avanzamento mandibolare forza la lingua in alto, impedendo la normale chiusura dei processi palatini.
Questa combinazione di estremo deficit mandibolare
e palatoschisi viene definita sindrome di Pierre Robin. Il
ridotto volume della cavità orale può provocare difficoltà
respiratorie alla nascita e può essere necessario suturare
temporaneamente la lingua anteriormente o persino effettuare una tracheostomia per permettere al neonato di
respirare.4
Poiché la pressione contro il viso che ha causato il problema di sviluppo viene a mancare dopo la nascita, ci si
può aspettare in seguito uno sviluppo normale e talvolta
persino un completo recupero. Alcuni bambini che presentano alla nascita la sindrome di Pierre Robin hanno effettivamente in seguito uno sviluppo mandibolare favorevole. Per questo motivo, un precoce trattamento invasivo
per allungare la mandibola dovrebbe essere evitato. Altri
non recupereranno mai il deficit (Fig. 5.3) e necessitano di
un intervento chirurgico.
Si è stimato che circa un terzo dei pazienti con sindrome di Pierre Robin presenta un difetto nella formazione
della cartilagine con una situazione simile alla sindrome di
Stickler. Non sorprende che questo gruppo abbia un potenziale di crescita ridotto. Il recupero della crescita è più
probabile quando il problema originale consiste in una limitazione meccanica della crescita stessa che non perdura
dopo la nascita.5
Traumi mandibolari durante il parto. Molti tipi di
deformità, che attualmente sono ricondotti ad altre cause, erano in passato attribuiti a lesioni subite durante il
parto. Molti genitori, nonostante le spiegazioni dei loro
medici, continuano a considerare le alterazioni facciali
dei propri figli una conseguenza di una lesione da parto,
anche quando è evidente il quadro di una sindrome congenita. Comunque la pensino i genitori, la sindrome di
Treacher-Collins o la sindrome di Crouzon (v. Cap. 3)
ovviamente non derivano da un trauma da parto.
In alcuni parti complicati, comunque, il ricorso al forcipe può provocare danni a una o a entrambe le articolazioni temporomandibolari. Almeno teoricamente, una
forte pressione nell’area delle articolazioni temporomandibolari potrebbe causare un’emorragia interna, una perdita di tessuto e un conseguente iposviluppo della mandi-
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
A
B
FIGURA 5.2 (A, B) Deficit del terzo medio della faccia in una bambina di 3 anni, ancora evidente nonostante il notevole miglioramento rispetto al grave deficit presente alla nascita a causa della compressione
fetale intrauterina.
A
B
FIGURA 5.3 (A, B) Grave deficit mandibolare in un ragazzo di 9 anni, che mostrava alla nascita una mandibola molto piccola e una labiopalatoschisi, per cui era stata diagnosticata la sindrome di Pierre Robin.
Nonostante il considerevole sviluppo postnatale della mandibola, è rimasto un deficit mandibolare. (Da
Proffit WR, White RP, Jr: Surgical-orthodontic treatment, St. Louis, 1991, Mosby.)
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SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
bola. Questa spiegazione per il deficit mandibolare un
tempo era piuttosto comune. Se la cartilagine del condilo
mandibolare fosse un importante centro di accrescimento, naturalmente il rischio derivante dal danno di un’area
così critica sarebbe molto maggiore. Tuttavia, alla luce
delle recenti acquisizioni per cui la cartilagine condilare
non sembra essere di importanza critica per il corretto
sviluppo della mandibola, non è così facile attribuire
l’iposviluppo mandibolare ad eventuali lesioni da parto.
È interessante notare a tale proposito che, sebbene l’uso del forcipe durante il parto sia considerevolmente diminuito negli ultimi 50 anni, l’incidenza di malocclusioni
di II Classe da iposviluppo mandibolare è rimasta costante. In breve, le lesioni mandibolari provocate da un parto
traumatico sembrano essere una causa rara e inusuale di
deformità facciali. I bambini con alterazioni che coinvolgono la mandibola sono molto più verosimilmente affetti
da una sindrome congenita.
A
B
C
D
FIGURA 5.4 (A, B) Asimmetria mandibolare in un bambino di 8 anni, dovuta a una crescita deficitaria del lato affetto dopo una frattura del processo condilare sinistro, verificatosi probabilmente all’età di 2 anni. Per questo paziente la crescita era stata normale fino all’età di 6 anni; in seguito iniziò a evidenziarsi una limitazione della crescita mandibolare; da quel momento l’asimmetria facciale si sviluppò rapidamente. (C, D) Asimmetria mandibolare in una ragazza di 10 anni, dovuta all’artrite reumatoide che ha interessato le articolazioni temporomandibolari (TM) sul lato sinistro. Si noti
l’accorciamento del ramo mandibolare sinistro a causa del riassorbimento del condilo. Una vecchia frattura è la causa più probabile dell’iposviluppo
mandibolare asimmetrico in un bambino anche se esistono altri processi distruttivi che possono causare questo problema.
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
Fratture della mandibola in età infantile. Le cadute e
i colpi che si subiscono nell’infanzia possono provocare
fratture dei mascellari come di altre parti del corpo. Il
collo del condilo mandibolare è particolarmente vulnerabile e le fratture che si registrano in questa zona durante
l’infanzia sono relativamente comuni. Fortunatamente, il
processo condilare tende a rigenerarsi bene dopo fratture
in età precoce. I dati più attendibili riferiti all’uomo indicano che circa il 75% dei bambini con fratture precoci del
processo condilare della mandibola ha un accrescimento
mandibolare normale e pertanto non si sviluppano malocclusioni attribuibili a tale trauma (v. Cap. 2). È interessante notare che la prognosi è tanto migliore quanto più
precocemente avviene la frattura condilare, forse perché
il potenziale di crescita è maggiore nella prima infanzia.
Dall’analisi di un ampio numero di ragazzi con problemi
di sviluppo che avevano subito una frattura non diagnosticata del condilo, si osserva che molte fratture del processo condilare in età precoce passano completamente
inosservate. Sembra essere relativamente comune per un
bambino cadere dalla bicicletta, scheggiarsi un dente e
fratturarsi un condilo, ma la crescita in genere continua
normalmente, con una totale rigenerazione del condilo.
Quando si presenta un problema in seguito a una frattura del condilo, generalmente questo è rappresentato da
una crescita asimmetrica, con un ritardo di sviluppo del lato precedentemente leso (Fig. 5.4). L’analisi dei pazienti
esaminati alla Dentofacial Clinic dell’Università del
North Carolina indica che solo circa il 5% dei pazienti che
erano stati esaminati per un grave iposviluppo mandibolare presentava segni clinici o un’anamnesi positiva di frattura precoce della mandibola.6 Ciò suggerisce che le fratture della mandibola in età infantile, sebbene siano una
causa potenziale di gravi problemi ortodontici, si riscontrano in una piccola parte dei pazienti con malocclusione.
È importante capire il meccanismo attraverso cui un
trauma può determinare un’alterazione della crescita. La
maxilla normalmente cresce in basso e in avanti in seguito
a una combinazione di pressione posteriore, esercitata dall’allungamento della base cranica (che si completa in gran
parte in età molto precoce), e di trazione anteriore, esercitata dagli elementi tissutali situati anteriormente (tra cui
probabilmente anche, ma non solo, la cartilagine del setto
nasale). La mandibola sembra essere invece quasi esclusivamente spinta in avanti dalla matrice dei tessuti molli che
l’avvolge. Dopo un’eventuale lesione, i problemi di sviluppo si presentano quando la zona di cicatrizzazione è tale da
limitare i normali spostamenti della crescita, cosicché la
maxilla, o più frequentemente la mandibola, non possono
più essere portate in avanti insieme al resto della faccia in
via di sviluppo. Se la zona di cicatrizzazione è maggiore da
un lato, maggiore sarà anche la limitazione alla crescita,
che risulterà di conseguenza asimmetrica.
Questo concetto è di notevole importanza nel trattamento delle fratture del condilo nei bambini, poiché suggerisce (e l’esperienza clinica lo conferma) che non vi è al-
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cun vantaggio nella riduzione chirurgica di una frattura
condilare in un bambino. L’ulteriore cicatrizzazione determinata dalla chirurgia potrebbe, infatti, peggiorare le
cose. Il migliore trattamento consiste quindi in una terapia conservativa al momento della lesione e in una precoce mobilizzazione della mandibola per minimizzare ogni
limitazione di movimento.
Una vecchia frattura condilare è probabilmente la causa principale di un deficit mandibolare asimmetrico in un
bambino, ma altri processi degenerativi che coinvolgono
le articolazioni temporomandibolari come l’artrite reumatoide (v. Fig. 5.4), o l’assenza congenita di tessuto come
nella microsomia emifacciale (v. Cap. 3), possono produrre tale problema.
Disfunzioni muscolari
I muscoli facciali possono influenzare la crescita mandibolare in due modi. In primo luogo, la formazione di osso
nei punti di inserzione del muscolo dipende dall’attività
del muscolo stesso; in secondo luogo, la muscolatura è
una componente importante della matrice di tessuto molle, la cui crescita normalmente guida i mascellari in basso
e anteriormente.
La perdita di parte della muscolatura può verificarsi
durante la vita uterina per cause sconosciute oppure essere esito di una lesione da parto, ma è più spesso legata a un
danno del nervo motore (il muscolo si atrofizza quando
viene perduta l’innervazione da parte del suo nervo motore). Il risultato è un iposviluppo di quella parte del viso
(Fig. 5.5).
Un’eccessiva contrazione muscolare può limitare la
crescita in modo simile a quanto avviene per le cicatrizzazioni dopo una lesione. Questo effetto si può osservare
molto chiaramente nel torcicollo, una torsione del capo
causata da un’eccessiva contrazione tonica monolaterale
dei muscoli cervicali (principalmente lo sternocleidomastoideo) (Fig. 5.6). Il risultato è un’asimmetria facciale
causata dalla limitazione della crescita del lato interessato,
che può essere molto grave se non si interviene chirurgicamente in età precoce sui muscoli contratti.7 Al
contrario, la diminuzione dell’attività muscolare tonica,
che si verifica nella distrofia muscolare, in alcune forme di
paralisi cerebrale infantile e in vari quadri di astenia muscolare, permette un eccessivo spostamento dei mascellari. Ne seguono generalmente un esagerato accrescimento
verticale, un’eccessiva eruzione dei denti posteriori e un
grave open bite anteriore (Fig. 5.7).8
Acromegalia e ipertrofia emimandibolare
Nell’acromegalia, causata da un tumore dell’ipofisi anteriore che secerne quantità eccessive di ormone della crescita, si verifica una crescita eccessiva della mandibola,
che conduce a una malocclusione di III Classe scheletrica
in età adulta (Fig. 5.8). Spesso, ma non sempre, la crescita
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SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
A
B
FIGURA 5.5 (A, B) Asimmetria facciale di un ragazzo di 11 anni a cui manca sul lato sinistro gran
parte del massetere. I muscoli sono una parte importante dell’intera matrice dei tessuti molli; in loro
assenza, anche la crescita della mandibola nelle zone interessate è carente.
mandibolare subisce un’accelerazione simile a quella osservata durante il picco di crescita adolescenziale, dopo
diversi anni da quando la crescita è terminata.9 La cartilagine del condilo prolifera, ma è difficile essere certi se
questa sia la prima causa della crescita mandibolare o se
semplicemente essa sia una conseguenza. Sebbene la crescita abnorme si fermi quando il tumore viene rimosso o
irradiato, la deformità scheletrica persiste e la chirurgia
ortognatica di riposizionamento mandibolare è con molta
probabilità necessaria (v. Cap. 22).
Occasionalmente, in soggetti che sembrano normali
dal punto di vista del metabolismo, si verifica un’eccessiva crescita monolaterale della mandibola. Il motivo per
cui ciò si verifica è ancora del tutto sconosciuto. Questa
situazione compare soprattutto in ragazze tra i 15 e i 20
anni d’età, ma può manifestarsi anche prima dei 10 anni e
dopo i 30 in entrambi i sessi. Tale condizione in precedenza era definita iperplasia condilare e la proliferazione
della cartilagine del condilo era considerata l’aspetto più
importante; tuttavia, quando è interessato anche il corpo
mandibolare (Fig. 5.9), la definizione di ipertrofia emimandibolare sembra attualmente descrivere più precisamente tale condizione.10 In talune circostanze questa crescita abnorme può interrompersi spontaneamente, ma
generalmente nei casi gravi possono essere richieste la rimozione del condilo affetto e la ricostruzione dell’intera
area interessata.
Alterazioni dello sviluppo dentale
FIGURA 5.6 Asimmetria facciale in una bambina di 6 anni con torcicollo. L’eccessiva contrazione muscolare può limitare la crescita in
modo analogo alla cicatrizzazione dopo una lesione. Nonostante l’incisione chirurgica del muscolo contratto del collo all’età di 1 anno, si è
comunque sviluppata una modesta asimmetria facciale e un secondo
intervento chirurgico è stato poi eseguito a 7 anni.
Alcune alterazioni dello sviluppo dentale possono essere
associate a difetti congeniti maggiori, ma più spesso contribuiscono a determinare malocclusioni isolate di I Classe.
Tra le alterazioni di un certo interesse vi sono le seguenti.
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
A
B
C
D
FIGURA 5.7 (A, B) L’allungamento del terzo inferiore del volto si verifica tipicamente in pazienti con sindromi di astenia muscolare, come nel caso di questo ragazzo di 15 anni, affetto da distrofia muscolare. (C,
D) Un open bite anteriore, come in questo paziente, generalmente (ma non sempre) si accompagna a
un’eccessiva altezza facciale.
FIGURA 5.8 Aspetto del profilo e radiografia del cranio di un uomo di 45 anni affetto da acromegalia, diagnosticata 3 anni prima che si rivolgesse al suo dentista per una crescita eccessiva in avanti della mandibola. Dopo irradiazione dell’ipofisi anteriore, i livelli eccessivi di ormone della crescita diminuirono e l’accrescimento mandibolare si arrestò. Si noti l’aumento di dimensione della sella turcica e la perdita di definizione del suo contorno osseo nella radiografia del cranio (freccia), che indica la localizzazione del tumore secernente. (Da Proffit WR, White RP, Jr: Surgical-orthodontic treatment, St Louis, 1991, Mosby.)
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SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
B
C
A
FIGURA 5.9 (A) L’asimmetria facciale in questa donna di 21 anni si è sviluppata nella tarda adolescenza, dopo il trattamento ortodontico di una II Classe, divisione 1 effettuato tra i 12 e i 14 anni
d’età; tale asimmetria è stata determinata dall’eccessiva crescita mandibolare sul lato destro. (B)
L’occlusione dentale evidenzia un open bite sul lato destro, che riflette la crescita verticale eccessiva verificatasi da tale lato. (C) Si noti che il condilo mandibolare destro è aumentato notevolmente.
Non si sa ancora come mai si verifica questo tipo di crescita eccessiva anche se istologicamente normale, e perché sia più frequente nelle donne.
Mancanza congenita di denti. L’assenza congenita di
denti è dovuta ad alterazioni che si verificano durante gli
stadi iniziali della formazione del dente: formazione del
germe e proliferazione. L’anodonzia, vale a dire l’assenza
completa dei denti, rappresenta la forma estrema.
Il termine oligodonzia indica invece l’assenza congenita
di molti ma non di tutti i denti, mentre il termine ipodonzia, peraltro raramente usato, indica l’assenza di pochi
denti. Poiché i denti decidui danno origine ai germi dei
permanenti, se mancano i denti decidui anche i corrispondenti permanenti non saranno presenti. È possibile, tuttavia, che i denti decidui siano presenti, ma che manchino
tutti i denti permanenti. Tale condizione viene indicata
come anodonzia della dentizione permanente.
L’anodonzia o l’oligodonzia, l’assenza cioè di tutti o
della maggior parte dei denti permanenti, è generalmente
associata a un’insolita, se pur lieve, anomalia sistemica: la
displasia ectodermica (Fig. 5.10). I soggetti con displasia ectodermica hanno capelli sottili e radi e, oltre alla caratteristica assenza di denti, sono sprovvisti di ghiandole sudoripare. Occasionalmente l’oligodonzia si presenta in pazienti che non hanno problemi sistemici o sindromi congenite evidenti. In questi bambini l’assenza dei denti segue uno schema casuale.
L’anodonzia e l’oligodonzia sono rare, mentre l’ipodonzia è una condizione riscontrabile con una certa frequenza. Come regola generale, se mancano uno o pochi
denti, in genere si tratta di quelli più distali di ogni dato tipo. Per esempio, in caso di agenesia congenita di un molare, questa riguarderà quasi sempre il terzo molare; in caso
di assenza di un incisivo, si tratta sempre del laterale; se si
verifica un’agenesia di un premolare, si tratterà quasi sempre del secondo premolare piuttosto che del primo. Raramente si verifica l’agenesia del solo canino.
Denti malformati e sovrannumerari. Le anomalie di
dimensione e di forma dentale sono il risultato di alterazioni che si verificano durante lo stadio di differenziazione morfologica, probabilmente con qualche influenza derivante già dallo stadio di differenziazione istologica.
L’anomalia più frequente è rappresentata da una modificazione delle dimensioni, soprattutto degli incisivi laterali (Fig. 5.11) e dei secondi premolari superiori.
Circa il 5% di tutta la popolazione presenta una significativa “discrepanza della dimensione dentale”, con la
presenza di una sproporzione tra i denti superiori e inferiori. Se i denti non hanno dimensioni reciproche proporzionate è impossibile una normale occlusione; i denti di
dimensioni più variabili, cioè gli incisivi laterali superiori,
sono i maggiori responsabili di questa situazione. La diagnosi di discrepanza della dimensione dentale, esposta nel
Capitolo 6, è basata sul confronto delle dimensioni dei
denti con i valori normali corrispondenti riportati su apposite tabelle.
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CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
FIGURA 5.10 (A) Un bambino affetto da displasia ectodermica, oltre
ad essere magro e ad avere capelli chiari, è frequente che abbia un’altezza facciale ridotta a causa della mancanza di sviluppo dei processi
alveolari. (B) Radiografia panoramica dello stesso ragazzo che mostra l’assenza congenita di molti denti. Un’oligodonzia di questa entità
è il segno patognomonico della displasia ectodermica.
A
B
A
B
FIGURA 5.12 Fusione di un incisivo laterale e di un canino inferiori.
FIGURA 5.11 Incisivi laterali superiori sproporzionati più grandi (A) o
più piccoli (B) rappresentano un’evidenza clinica abbastanza frequente. Ciò determina una discrepanza dimensionale che rende il raggiungimento di un normale allineamento di una corretta occlusione pressoché impossibile. È più facile ricostruire i laterali che sono piccoli
piuttosto che ridurre la dimensione di quelli più grandi – gli incisivi laterali per il paziente in (A) sono già stati ridotti il più possibile senza arrivare allo smalto.
Occasionalmente i germi dentali possono fondersi o diventare doppi (parzialmente divisi) durante il loro sviluppo. La fusione dà origine a denti con camere pulpari separate, unite a livello della dentina, mentre la geminazione
determina la formazione di denti con una camera pulpare
comune (Fig. 5.12). La distinzione tra geminazione e fu-
sione può essere difficile ed è di solito confermata dal conteggio dei denti di quella zona. Quando l’altro incisivo
centrale ed entrambi gli incisivi laterali sono in arcata, la
presenza di un incisivo centrale biforcuto può essere considerata il risultato di una geminazione oppure, meno frequentemente, di una fusione con un incisivo sovrannumerario. D’altra parte, se manca l’incisivo laterale sul lato interessato, l’anomalia è probabilmente rappresentata dalla
fusione dei germi degli incisivi centrale e laterale. È ovvio
che in presenza di denti geminati, fusi o comunque malformati, è quasi impossibile che l’occlusione sia normale.
Anche i denti sovrannumerari derivano da alterazioni
dello sviluppo dentale durante gli stadi di iniziazione e
proliferazione. Il dente sovrannumerario più comune
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SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
solo estrarre tutti i denti sovrannumerari che si trovano
sul tragitto di eruzione, ma anche rimuovere l’osso sovrastante al dente permanente e ribattere la gengiva, affinché
il dente possa aprirsi un varco nell’arcata.
In pazienti che presentano interferenze meno gravi,
l’eruzione ritardata di alcuni denti permanenti può contribuire a determinare una malocclusione, prevalentemente a causa dello spostamento nell’arcata degli altri
denti in posizioni scorrette. Tra i bambini statunitensi, nel
5-10% dei casi, almeno un molare deciduo rimane anchilosato (fuso con l’osso) prima di riassorbirsi completamente e di cadere.12
FIGURA 5.13 La linea mediana maxillare è la sede più frequente per
un sovrannumerario, che può assumere una qualsiasi forma. Il sovrannumerario può bloccare l’eruzione di uno o di entrambi gli incisivi
centrali, o può diastemarli o, ancora, può arrivare a dislocare gli incisivi laterali, come in questa ragazza.
compare a livello della zona mediana del mascellare e viene definito mesiodens. Sono riportati anche casi di incisivi
laterali sovrannumerari e occasionalmente appaiono dei
premolari sovrannumerari; alcuni pazienti presentano infine, oltre ai terzi, anche i quarti molari. La presenza di un
dente sovrannumerario, ovviamente, può disturbare notevolmente il normale sviluppo occlusale (Fig. 5.13) e generalmente è necessario un intervento precoce per rimuoverlo, al fine di ottenere un allineamento accettabile e
rapporti occlusali normali. La presenza di molti denti sovrannumerari è più frequentemente descritta nella sindrome congenita della displasia cleidocranica (v. Fig.
3.24), che è caratterizzata dall’assenza delle clavicole, dalla presenza di sovrannumerari multipli e denti non erotti e
dall’incapacità di erompere dei denti succedanei (v. oltre).
Interferenze con l’eruzione. Affinché un dente permanente possa erompere, l’osso sovrastante e le radici dei
decidui si devono riassorbire e il dente deve farsi strada
attraverso la gengiva. La presenza di denti sovrannumerari, di un osso sclerotico e di una gengiva molto fibrosa
può impedire l’eruzione.
Tutte queste interferenze sono presenti nella displasia
cleidocranica. I denti sovrannumerari rappresentano degli elementi di interferenza meccanica. La condizione più
grave di questa sindrome è rappresentata dal fatto che
questi bambini presentano un difetto nel riassorbimento
osseo e una gengiva molto spessa e fibrosa.11 Se il tragitto
di eruzione viene liberato, i denti permanenti possono
erompere (Fig. 5.14). Per ottenere ciò è necessario non
Eruzione ectopica. Occasionalmente, la malposizione
del germe di un dente permanente può determinare la sua
eruzione in una sede sbagliata. Tale situazione viene definita eruzione ectopica ed è più facile che si verifichi a carico degli incisivi e dei primi molari superiori.13 Se il percorso di eruzione del primo molare permanente superiore lo porta troppo mesialmente in uno stadio precoce, esso non può erompere e la radice del secondo molare deciduo può risultarne danneggiata (Fig. 5.15). La posizione mesiale del molare permanente determinerà un affollamento nell’arcata se il ragazzo non sarà sottoposto a un
trattamento ortodontico.
L’eruzione ectopica degli altri denti è rara, ma può determinare una trasposizione dentale o una posizione di
eruzione anomala. Talvolta il secondo premolare inferiore
erompe in posizione distale e può impattarsi nel ramo
mandibolare (Fig. 5.16).13 Una direzione di eruzione alterata degli altri denti, specialmente dei canini superiori, è
in genere causata dall’assenza di spazio che interferisce sul
tragitto eruttivo.
Perdita prematura di denti decidui. Quando all’interno dell’arcata dentale viene perso un elemento, essa tende a contrarsi e lo spazio a chiudersi. Un tempo questa
chiusura dello spazio era interamente attribuita allo spostamento mesiale progressivo dei denti posteriori, che a
sua volta si riteneva fosse determinato dalle forze derivanti dall’occlusione. Nonostante una forza diretta mesialmente possa derivare dall’occlusione,14 essa probabilmente non rappresenta il principale fattore di chiusura
degli spazi all’interno delle arcate dentali.
L’opinione attuale è che lo spostamento mesiale sia un
fenomeno che coinvolge solo i molari permanenti. La ragione principale di questa mesializzazione dei molari risiede nell’inclinazione mesiale propria di questi denti; infatti essi erompono mesialmente e occlusalmente. Dati
sperimentali suggeriscono che le forze derivanti dall’occlusione ritardano la mesializzazione dei molari, piuttosto
che causarla.15 In altre parole, è più probabile che un molare permanente si mesializzi più rapidamente in assenza
di contatti occlusali che non in presenza di questi.
La mesializzazione del primo molare permanente dopo la perdita precoce di un secondo molare deciduo (Fig.
5.17) può contribuire in maniera significativa allo svilup-
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
A
B
C
FIGURA 5.14 Sequenza di radiografie panoramiche di un paziente con displasia cleidocranica
(situazione pretrattamento dello stesso paziente di Fig. 3.24). (A) A 10 anni, dopo la rimozione
chirurgica degli incisivi decidui e sovrannumerari e l’esposizione degli incisivi permanenti. (B) A
14 anni, dopo il trattamento ortodontico per il posizionamento in arcata degli incisivi e la rimozione chirurgica dei canini e dei molari decidui, oltre ai sovrannumerari presenti in quelle aree. (C) A
16 anni, verso la fine del trattamento ortodontico volto a portare in occlusione i denti non erotti. Il
secondo premolare superiore di destra si è anchilosato, ma gli altri denti hanno risposto in modo
soddisfacente al trattamento.
FIGURA 5.15 L’eruzione ectopica del primo molare permanente superiore sembra risultare da un’inclinazione o da una posizione mesiale del germe di questo dente. Ciò porta il percorso di eruzione del primo molare a entrare in contatto con la radice del secondo molare deciduo. Generalmente ne conseguono un ritardo nell’eruzione del primo molare permanente e un riassorbimento della radice del secondo
molare deciduo, come si è verificato in questo bambino di 8 anni. La
perdita di spazio può causare un affollamento nell’arcata. È inevitabile, senza trattamento, che si abbia un affollamento in dentizione permanente.
127
128
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
A
B
C
D
FIGURA 5.16 I secondi premolari inferiori tendono ad erompere inclinati distalmente, e sono predisposti all’impattamento orizzontale, specialmente se il primo molare viene perso precocemente (A), tuttavia la correzione ortodontica risulta possibile (B). Raramente i premolari si spostano distalmente sotto i molari permanenti (C), anche se è possibile una loro estrema dislocazione nel ramo mandibolare, a tal punto che il premolare può
addirittura trovarsi in cima al processo coronoide (D), come in questo esemplare del XVI secolo. (D, per gentile concessione del Dr. K. Mitchell.)
po di un affollamento nella parte posteriore dell’arcata
dentale. Ciò è stato in passato considerato come una causa
significativa di affollamento e disallineamento dei premolari. Per questa ragione, qualora si verifichi una perdita
precoce di un secondo molare deciduo, è indicato il mantenimento dello spazio (v. Cap. 13).
Anche quando si verifica la perdita prematura di un canino o di un primo molare deciduo, si manifesta una tendenza alla chiusura del loro spazio. Ciò avviene prevalente-
FIGURA 5.17 In questo bambino di 8 anni lo spazio una volta occupato dal secondo molare deciduo superiore di sinistra (sulla destra in
questa fotografia fatta con uno specchio) si è quasi completamente
chiuso a causa della mesializzazione del primo molare permanente.
mente in seguito allo spostamento distale degli incisivi,
non in seguito alla mesializzazione dei denti posteriori
(Fig. 5.18). La tendenza a tale spostamento distale sembra
attribuibile a due fattori: la forza che deriva dalla contrazione attiva delle fibre transettali nella gengiva e la pressione
determinata dalle labbra e dalle guance.16 La trazione che
deriva dalle fibre transettali è probabilmente la componente maggiormente responsabile della tendenza alla chiusura
di questo spazio, mentre la pressione delle labbra si aggiunge come componente variabile (v. paragrafo successivo,
Teoria dell’equilibrio e sviluppo dell’occlusione dentale). Se un
canino o un primo molare decidui vengono perduti prematuramente solo da un lato, i denti permanenti mostrano una
tendenza alla distalizzazione solo su quel lato, con conseguente asimmetria nell’occlusione e affollamento.
Da questa descrizione appare chiaro che la perdita
precoce di denti decidui può causare affollamento e disallineamento nelle arcate dentali. È giustificato attribuire a
questo fenomeno la causa principale degli affollamenti di
I Classe? L’effetto della fluorazione e di altri trattamenti
di prevenzione della carie sull’incidenza delle malocclusioni indica che non lo è. Sebbene la fluorazione abbia ridotto molto l’incidenza della carie e della perdita precoce
dei denti decidui nelle comunità analizzate negli Stati
Uniti, essa non ha provocato un decremento statisticamente significativo sulla prevalenza delle malocclusioni.
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
129
FIGURA 5.18 La perdita prematura dei canini decidui porta alla chiusura dello spazio non a causa della mesializzazione dei denti decidui
posteriori, ma per lo scivolamento distale degli incisivi permanenti.
In altre parole, anche in assenza di fluorazione, risulta che
la maggior parte dei problemi di affollamento non è causata dalla perdita precoce dei denti decidui.
Traumi dentali. Ogni bambino va incontro a cadute e la
maggior parte subisce colpi ai denti nel periodo della loro formazione. Talvolta il colpo è tale da far saltare o dislocare gravemente un dente deciduo o permanente. Un
trauma dentale può portare allo sviluppo di una malocclusione in tre modi: (1) danneggiando il germe del dente permanente attraverso un trauma al deciduo, (2) determinando uno spostamento del dente permanente per la
perdita prematura del dente deciduo e (3) danneggiando
direttamente il dente permanente.
Un trauma a carico di un dente deciduo può dislocare
il germe del dente permanente sottostante. In questa situazione sono possibili due conseguenze. In primo luogo,
se il trauma si verifica durante la formazione della corona
del permanente, si avrà un’alterazione della formazione
dello smalto e ne risulterà un difetto nella corona del dente permanente.
In secondo luogo, se il trauma avviene quando la corona si è già formata, questa potrebbe dislocarsi rispetto alla
radice. La formazione della radice potrebbe arrestarsi e la
radice può rimanere permanentemente corta. Tuttavia,
più frequentemente, la formazione radicolare continua,
ma la restante porzione della radice forma un angolo rispetto alla corona dislocata dal trauma (Fig. 5.19). Questa
distorsione della radice viene definita dilacerazione. La dilacerazione può verificarsi in seguito a qualsiasi distorsione della corona rispetto alla radice e può quindi essere il
risultato di interferenze meccaniche durante l’eruzione,
ma la sua causa più comune, in particolare a livello degli
incisivi permanenti, è un trauma ai denti decidui che provochi dislocazione anche dei germi dei permanenti.
Se la distorsione della radice è sufficientemente grave, è
quasi impossibile che la corona possa assumere la sua posizione corretta (ciò infatti potrebbe richiedere l’estensione
della radice al di fuori dell’osso alveolare). Per questa ragione può essere necessario estrarre un dente gravemente dilacerato. Nei bambini i germi di denti dislocati a causa di un
trauma dovrebbero essere riposizionati il più presto possi-
FIGURA 5.19 La distorsione della radice (dilacerazione) di questo incisivo laterale è stata determinata da un trauma in età precoce, che
aveva dislocato la corona rispetto alla sua radice in via di formazione.
bile, così che quando la radice riprende la sua formazione la
sua distorsione possa essere minimizzata. Questo argomento viene discusso più dettagliatamente nel Capitolo 13.
I denti permanenti vengono spesso dislocati in seguito
a traumi. Se il dente viene colpito labialmente o lingualmente, talvolta la radice ne subisce un danno, ma comunque c’è sempre una frattura del processo alveolare. Immediatamente dopo l’incidente un dente intatto può generalmente essere reimpiantato nella sua posizione originale
rapidamente e facilmente; infatti è indicato un trattamento precoce e tempestivo (v. Cap. 14). Dopo la guarigione
(che dura da 2 a 3 settimane) risulta difficile riposizionare
il dente, e l’anchilosi che può svilupparsi rende impossibile il riposizionamento.
INFLUENZE GENETICHE
Una forte influenza dell’ereditarietà sulle caratteristiche
facciali è evidente spesso al primo sguardo; per esempio è
facile riconoscere una tendenza familiare verso una determinata forma del naso e della mandibola oppure verso un
certo tipo di sorriso. Appare in modo molto evidente che
certi tipi di malocclusione si tramandano nelle famiglie.
La mandibola degli Asburgo, vale a dire il prognatismo
mandibolare della famiglia reale tedesca, rappresenta l’esempio più conosciuto; sicuramente i dentisti osservano la
ricorrenza di malocclusioni simili tra i genitori e i figli.
Per capire l’eziologia delle malocclusioni non bisogna
chiedersi se esistano delle influenze ereditarie sulle strutture scheletriche e dentali, perché è ovvio che queste ci
siano, bensì capire quanto frequentemente le malocclusioni siano causate da caratteristiche ereditarie.
130
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
Una malocclusione può essere indotta da caratteristiche ereditarie in due modi principali; il primo consiste in
una sproporzione ereditaria tra le dimensioni dei denti e
le dimensioni delle basi dei mascellari, che può determinare affollamenti o spaziature dentali; il secondo riguarda
invece una sproporzione ereditaria tra la dimensione o la
forma della maxilla rispetto alla mandibola, che può causare rapporti occlusali inadeguati. Quanto più queste caratteristiche sono determinate geneticamente in modo indipendente l’una dall’altra, tanto più tali sproporzioni
hanno probabilità di essere ereditate. Per esempio, può un
bambino ereditare dei denti grandi, ma un mascellare piccolo, oppure una maxilla grande e una mandibola piccola?
Ciò sarebbe sicuramente possibile se le dimensioni dei
mascellari e dei denti fossero caratteristiche ereditarie indipendenti; se invece le caratteristiche dentofacciali tendessero ad essere collegate, una combinazione ereditaria
di questo tipo sarebbe improbabile.
Le popolazioni umane primitive, nelle quali le malocclusioni erano meno frequenti rispetto alle comunità attuali, erano caratterizzate dall’isolamento e dall’uniformità genetica. Se in un gruppo isolato tutti avessero la stessa informazione genetica per la dimensione dei denti e dei mascellari, non ci sarebbe alcuna possibilità per un bambino di
ereditare caratteristiche diverse. In un ambiente dove l’alimentazione è priva di cibi raffinati ci si aspetterebbe una
forte tendenza alla selezione di quelle caratteristiche che
determinano una buona funzione masticatoria. I geni responsabili di alterazioni del sistema masticatorio tenderebbero ad essere eliminati dalla popolazione (a meno che non
conferiscano qualche vantaggio). Il risultato sarebbe esattamente quello osservato nelle popolazioni primitive: individui in cui le discrepanze tra dimensione dei denti e dei mascellari sono poco frequenti e gruppi in cui tutti tendono ad
avere le medesime relazioni tra i mascellari. Differenti
gruppi umani hanno sviluppato notevoli modificazioni delle proporzioni facciali e dei rapporti tra i mascellari. Che
cosa accade, allora, quando ci sono degli accoppiamenti tra
gruppi di popolazioni originariamente distinti?
Una caratteristica della civilizzazione è l’aggregazione
di grandi gruppi di persone nei centri urbani, dove le opportunità di trovare un partner al di fuori del proprio
gruppo ristretto di appartenenza sono notevolmente aumentate. Se fosse possibile ereditare una sproporzione
delle componenti funzionali della faccia e dei mascellari,
tra le moderne popolazioni urbane ci si dovrebbe aspettare un’alta incidenza di malocclusioni e una grande varietà
di problemi ortodontici. Gli Stati Uniti, assumendo il
ruolo di “calderone genetico”, dovrebbero avere una delle
più alte percentuali di malocclusione del mondo, come effettivamente si è verificato. Negli anni ’30 e ’40, periodo
in cui si sviluppò la scienza della genetica, si diffuse l’opinione che il grande incremento di accoppiamenti tra
gruppi eterogenei, avvenuto in seguito alla crescita della
popolazione e alla loro mobilità, fosse la più importante
causa di aumento delle malocclusioni nei secoli recenti.
Questa concezione delle malocclusioni come un problema principalmente genetico fu largamente sostenuta
dagli esperimenti di accoppiamenti fra animali, condotti
negli anni ’30. Lo scienziato di gran lunga più influente a
tale riguardo fu Stockard, che eseguì metodicamente degli
incroci fra i cani e ne registrò i significativi effetti sulla
struttura del corpo.17 Attualmente esiste tra i cani un’incredibile varietà di razze e dimensioni. Che cosa accadrebbe se si incrociasse un Boston terrier con un collie? Potrebbe la prole avere la mandibola lunga e appuntita tipica
del collie e il piccolissimo mascellare superiore del terrier?
Potrebbe risultare nella prole un insolito affollamento o la
presenza di spazi a causa della combinazione delle caratteristiche dei denti di una razza con quelle dei mascellari dell’altra? Gli esperimenti di Stockard indicarono che si determinavano gravi malocclusioni in seguito ai suoi incroci
tra razze canine, più a causa delle discrepanze fra i mascellari che non a causa di squilibri tra le dimensioni dei mascellari e quelle dei denti (Fig. 5.20). Questi esperimenti
sembravano confermare che l’ereditarietà indipendente
dei caratteri facciali potesse essere la causa principale dell’insorgere di una malocclusione e che il rapido incremento delle malocclusioni che accompagnava l’urbanizzazione
fosse probabilmente il risultato dell’aumento di accoppiamenti tra diversi gruppi di popolazione.
Questi esperimenti eseguiti sui cani si rivelarono però
ingannevoli, poiché molte razze di cani di piccola taglia
erano portatrici del gene per l’acondroplasia. Gli animali
e gli uomini affetti da questa condizione presentano una
crescita deficitaria delle cartilagini. Ne risultano un iposviluppo del terzo medio della faccia e la presenza di estremità particolarmente corte. Il bassotto è il classico cane
acondroplasico, ma anche molti terrier e i bulldog sono
portatori di questo gene. L’acondroplasia è determinata
da un gene autosomico dominante. Come molti geni dominanti, talvolta esso ha una parziale penetranza, vale a
dire che il carattere si esprime in modo più evidente in alcuni individui rispetto ad altri. La maggior parte delle insolite malocclusioni prodotte dagli esperimenti di incrocio di Stockard può essere spiegata non sulla base delle dimensioni mascellari ereditate, ma dal grado in cui l’acondroplasia si manifesta in quegli animali.
L’acondroplasia è rara negli uomini, ma può manifestarsi producendo i cambiamenti descritti precedentemente (Fig. 5.21). Oltre alla ridotta lunghezza degli arti,
si verifica anche un anomalo allungamento della base cranica a causa di un accrescimento deficitario delle sincondrosi; la maxilla non si sposta in avanti in misura sufficiente e si determina un relativo deficit del terzo medio della
faccia. In un certo numero di sindromi genetiche relativamente rare, come l’acondroplasia, possono essere individuate alcune influenze sulla forma della faccia, dei mascellari e dei denti, ma queste rappresentano la causa di
una piccola percentuale dei problemi ortodontici.
Anche un attento esame dei risultati degli incroci tra i
diversi gruppi della specie umana fa sorgere dei dubbi sul-
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
131
FIGURA 5.20 Negli esperimenti di incroci tra cani condotti negli anni ’30, Stockard dimostrò che si
potevano sviluppare gravi malocclusioni dall’incrocio di razze morfologicamente differenti. L’analogia
di questi casi con le malocclusioni nella specie umana ebbe una forte influenza nel rifiuto dell’opinione dominante negli anni ’20, la quale asseriva che un’impropria funzione mascellare fosse la causa principale delle malocclusioni. (Da Stockard CR, Johnson AL: Genetic and endocrinic basis for differences in form and behaviour, Philadelphia, 1941, The Wistar Institute of Anatomy and Biology.)
l’ipotesi che l’indipendenza dell’ereditarietà dei caratteri
dentali e mascellari sia una causa importante di insorgenza delle malocclusioni. I dati più attendibili sono probabilmente quelli ottenuti dalle ricerche condotte nelle
Hawaii da Chung et al.18 Prima della loro scoperta ad opera degli esploratori europei nel XVIII secolo, le Hawaii
FIGURA 5.21 Caratteristico aspetto facciale in un individuo con
acondroplasia. Si noti il deficit del terzo medio della faccia, in particolare a livello del ponte del naso. Questo difetto deriva dalla diminuita
crescita cartilaginea della base cranica, che risulta in una carenza di
traslazione in senso anteriore della maxilla.
avevano una popolazione polinesiana omogenea. La migrazione su larga scala nell’isola di gruppi di europei, cinesi e giapponesi, così come l’arrivo di altri piccoli gruppi
etnici e razziali, diede origine a una popolazione eccezionalmente eterogenea quale quella attuale. Le dimensioni
dei denti e dei mascellari e le proporzioni tra i mascellari
erano piuttosto differenziate tra i polinesiani, gli orientali
e gli europei che contribuivano al miscuglio etnico
hawaiano. Perciò, se i caratteri dei denti e dei mascellari
sono ereditati indipendentemente, ci si dovrebbe aspettare una notevole incidenza di gravi malocclusioni in questa
popolazione.
Tuttavia l’incidenza e i tipi di malocclusione nella popolazione hawaiana attuale, sebbene maggiore dell’incidenza di malocclusioni nella popolazione originale, non
confermano questa teoria. Gli effetti degli incroci interrazziali sembrano avere un carattere aggiuntivo piuttosto
che moltiplicativo. Per esempio, circa il 10% dei cinesi
che emigrarono alle Hawaii aveva una malocclusione di
III Classe, mentre circa il 10% dei polinesiani mostrava
affollamenti dentali. I discendenti degli incroci fra queste
razze evidenziano circa il 10% di incidenza di entrambe
queste caratteristiche, mentre non si manifesta alcuna
delle gravi deformità facciali osservate negli incroci tra
razze canine. In altre parole, se una malocclusione o una
tendenza alla malocclusione viene ereditata, il meccanismo non è quello dell’eredità indipendente di caratteristiche morfologiche distinte, quali sono le dimensioni dei
denti e dei mascellari.
132
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
Il metodo classico per indicare con precisione in quale
misura una caratteristica sia determinata dall’ereditarietà
consiste nel confrontare gemelli monozigoti (identici)
con gemelli dizigoti (fratelli). I gemelli monozigoti si generano in seguito alla precoce divisione di una cellula uovo fecondata, così ogni individuo ha lo stesso patrimonio
di DNA cromosomico e i due sono geneticamente identici. Se essi hanno vissuto nello stesso ambiente durante la
crescita, ogni differenza tra loro dovrebbe essere esclusivamente il risultato di influenze ambientali. Si possono
avere gemelli anche quando sono disponibili allo stesso
tempo due cellule uovo ed entrambe vengono fecondate
da due spermatozoi diversi. Questi gemelli dizigoti si assomigliano come due fratelli normali, con la differenza
che hanno condiviso lo stesso ambiente intrauterino.
Confrontando gemelli monozigoti, gemelli dizigoti e
fratelli, si può fare una stima dell’ereditarietà di ogni carattere, cioè può essere valutato il grado di variabilità di
quel determinato carattere ereditario. Studi di questo tipo, però, sono limitati per vari motivi, non solo perché è
difficile trovare coppie di gemelli da studiare, ma anche
perché può essere difficile stabilire il tipo zigotico e accertare se i fattori ambientali siano stati realmente gli stessi
per entrambi gli individui delle coppie di gemelli. Lauweryns et al.,19 esaminando un certo numero di ricerche di
questo tipo, conclusero che circa il 40% delle variazioni
dentali e facciali che portano alle malocclusioni può essere
attribuito a fattori ereditari. Corruccini et al.20, 21 hanno
dedotto che, fatte le dovute correzioni per eventuali differenze ambientali tra i gemelli, l’ereditarietà di alcune caratteristiche dentali, quali l’overjet, è quasi inesistente.
L’altro metodo classico per valutare l’influenza dell’ereditarietà consiste nello studiare i membri della famiglia,
osservando le similitudini e le differenze tra madre e figlio,
padre e figlio e i fratelli. Per la maggior parte delle dimensioni facciali scheletriche (per esempio la lunghezza della
mandibola) il coefficiente di correlazione tra genitori e figli è di circa 0,5, che rappresenta il limite massimo teorico
di contributo genetico per un parente di primo grado. Per
quanto riguarda le caratteristiche dentali, le correlazioni
genitori-figli sono inferiori, oscillando tra un massimo di
quasi 0,5 per l’overjet e un minimo di 0,15 per l’overbite.22, 23 Quando le correlazioni genitori-figli sono usate
come ausilio per le previsioni di crescita facciale, gli errori
vengono ridotti, il che, di per se stesso, indica chiaramente
l’influenza dell’ereditarietà su queste dimensioni.24
In studi longitudinali, dall’esame di radiografie cefalometriche e di modelli dentali di fratelli che presero parte
agli studi sulla crescita di Bolton-Brush (eseguiti tra la fine degli anni ’30 e i primi anni ’70), Harris e Johnson25
conclusero che l’ereditarietà delle caratteristiche craniofacciali (scheletriche) era relativamente alta, mentre risultava bassa quella delle caratteristiche dentali (occlusali).
Per ciò che riguarda le caratteristiche scheletriche, l’ereditarietà aumenta con l’età; per le caratteristiche dentali,
invece, l’ereditarietà sembra decrescere, indicando una
crescente influenza dell’ambiente sulle variazioni dentali.
Pertanto, per la parte di malocclusione attribuibile alle
condizioni scheletriche è molto probabile che ci sia una
componente ereditaria, mentre le alterazioni di carattere
dentale sembrano essere prevalentemente determinate da
fattori ambientali.
L’influenza dell’ereditarietà è particolarmente forte
per il prognatismo mandibolare. In uno studio condotto su
un gruppo di bambini che presentava una grave malocclusione di III Classe risultava che un terzo di essi aveva un genitore che presentava il medesimo problema e un sesto di
essi aveva un fratello con una malocclusione di III Classe.26
La biotipologia di faccia lunga sembra essere la seconda in ordine di frequenza tra le alterazioni facciali riscontrabili nei familiari. I fratelli in genere sono più predisposti ad avere malocclusioni gravi, probabilmente per la loro
tipologia facciale influenzata geneticamente e per i loro
modelli di crescita che determinano risposte simili a fattori ambientali.27
Il modo in cui gli altri tipi di malocclusioni sono legati
alle influenze genetiche è meno chiaro. Di seguito esamineremo il ruolo dei fattori ambientali nell’eziologia delle
malocclusioni.
INFLUENZE AMBIENTALI
Le influenze dell’ambiente durante la crescita e lo sviluppo
della faccia, dei mascellari e dei denti consistono prevalentemente nelle pressioni e nelle forze connesse all’attività
fisiologica. La funzione, infatti, si deve adattare alla situazione ambientale. Per esempio, le modalità di masticazione e di deglutizione sono determinate in parte dal tipo di
alimentazione; durante queste due attività si esercitano
delle pressioni sui mascellari e sui denti che possono influenzare la crescita dei mascellari e l’eruzione dentale.
Una correlazione tra la forma anatomica e la funzione fisiologica è evidente in tutte le specie animali. Nel corso
dell’evoluzione si rilevano notevoli adattamenti dei mascellari e dell’apparato dentale, come testimoniano i reperti fossili. Le relazioni tra la forma e la funzione tipiche dell’evoluzione sono controllate geneticamente e, sebbene
siano importanti per una comprensione generale delle caratteristiche umane, non sono riconducibili alle variazioni
individuali dalla norma che si verificano attualmente.
D’altro canto, ci sono molte ragioni per sospettare che
le relazioni forma-funzione durante la vita di un individuo
possano avere un ruolo significativo nel processo eziologico di una malocclusione. Sebbene i cambiamenti nella
struttura corporea siano minimi, un soggetto che pratica
un’attività fisica intensa durante l’adolescenza possiede
una muscolatura più forte e un sistema scheletrico più
possente rispetto ad un altro che è sedentario. Se la funzione fosse in grado di alterare la crescita mandibolare, allora una funzionalità alterata sarebbe la causa principale
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
delle malocclusioni, e logicamente esercizi di masticazione e altre forme di terapia fisica sarebbero determinanti
nel trattamento ortodontico. Tuttavia se la stimolazione
funzionale non genera alcuna differenza sul modello di
sviluppo di un individuo, alterare la funzione mandibolare
del paziente gioverebbe poco, non essendoci alcuna relazione sia da un punto di vista eziologico che terapeutico.
Vista l’importanza che assume questo elemento nell’ortodonzia moderna, una particolare attenzione viene
quindi dedicata ai potenziali contributi della funzione al
processo eziologico di una malocclusione e alla possibile
recidiva dopo il trattamento.
Teoria dell’equilibrio e sviluppo
dell’occlusione dentale
La teoria dell’equilibrio, così come viene applicata in ingegneria, afferma che un oggetto sottoposto a forze disuguali subisce accelerazioni e quindi si muove in una differente posizione nello spazio (Fig. 5.22). Da ciò deriva che
se un qualsiasi oggetto è sottoposto a un insieme di forze
ma resta nella stessa posizione, queste forze devono essere
in equilibrio. Data questa premessa, è ovvio che la dentizione è in equilibrio, dal momento che i denti, in circostanze normali, sono soggetti a forze di diverso tipo che
non provocano il loro spostamento. Anche quando i denti
si muovono, i movimenti sono così lenti da presumere
che, in ogni istante, esista un equilibrio statico.
L’efficacia stessa del trattamento ortodontico è una dimostrazione che le forze che si esercitano normalmente
sulla dentizione sono in equilibrio. Un dente, se è sottoposto a una forza continua mediante l’applicazione di
un’apparecchiatura ortodontica, si muove. Da un punto
di vista meccanico, la forza applicata dall’ortodontista ha
alterato l’equilibrio preesistente determinando lo spostamento dentale. Nonostante la dentizione sia soggetta a
forze di notevole intensità durante la funzione, piccole
FIGURA 5.22 Spingendo leggermente un mazzo di carte su un
tavolo, inizialmente le carte non si muovono perché esiste un equilibrio tra la forza applicata dalle dita e quella dovuta all’attrito.
Quando la forza del dito supera quella dell’attrito, le carte si muovono. Allo stesso modo, i movimenti dentali si verificano solo quando esiste uno squilibrio tra le forze che agiscono sulla dentatura.
133
forze aggiuntive, se mantenute per un tempo abbastanza
lungo, possono comunque rompere l’equilibrio e provocare uno spostamento dentale. La natura delle forze necessarie per lo spostamento dentale è discussa in dettaglio
nel Capitolo 9.
Le considerazioni sull’equilibrio valgono anche per le
strutture scheletriche, comprese quelle facciali. Alcune
modificazioni scheletriche si verificano in circostanze
normali a seguito di una richiesta funzionale e sono amplificate da situazioni sperimentali insolite. Come discusso nel Capitolo 2, i processi ossei sui quali i muscoli si inseriscono sono influenzati in modo particolare dai muscoli e dalla posizione dell’inserzione tendinea. La forma della mandibola, dal momento che è in gran parte condizionata dalla forma dei suoi processi funzionali, è particolarmente soggetta a modificazioni. Le variazioni di dimensione dello scheletro come risposta alla funzione sono limitate ai processi muscolari delle ossa, ma la densità dello
scheletro nel suo insieme aumenta quando viene svolto un
lavoro intenso e diminuisce in sua assenza.
Effetti dell’equilibrio sulla dentizione. Gli effetti dell’equilibrio sulla dentizione possono essere meglio compresi osservando gli effetti provocati su di essa da vari tipi di pressione. Nonostante si possa pensare che l’intensità della forza moltiplicata per la sua durata ne spieghi gli
effetti, questo non è sempre vero. La durata della forza,
per la risposta biologica che ne deriva, è più importante
della sua intensità.
Questo importante concetto è più chiaro se si esamina
il tipo di risposta alle forze applicate durante la masticazione. Quando sono applicate ai denti delle forze masticatorie pesanti, il legamento parodontale, grazie al liquido
contenuto in esso, agisce come un ammortizzatore, stabilizzando il dente per un istante, mentre l’osso alveolare si
piega e il dente si sposta leggermente con esso. Se tale
pressione viene mantenuta per più di qualche secondo si
avverte un dolore forte e di intensità crescente, tale da fare rapidamente interrompere l’atto masticatorio. Una
pressione forte e intermittente di questo tipo non ha alcun
effetto sulla posizione a lungo termine di un dente (v. Cap.
9 per maggiori dettagli). Pesanti contatti occlusali intermittenti sui denti possono determinare diverse risposte
patologiche, come un aumento della loro mobilità e dolorabilità, ma finché l’apparato parodontale rimane intatto,
raramente accade che le forze dell’occlusione si prolunghino per un tempo sufficiente a spostare il dente in una
posizione in cui il trauma occlusale sia minore.
Un secondo fattore che influenza l’equilibrio della posizione dentale è rappresentato dalla pressione esercitata
dalle labbra, dalle guance e dalla lingua. Queste forze sono più lievi di quelle della masticazione, ma sono esercitate per un tempo molto più lungo. Diversi esperimenti indicano che persino forze molto lievi sono in grado di spostare i denti, se applicate per un periodo di tempo sufficientemente lungo. La soglia di durata nell’uomo sembra
134
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
essere di circa 6 ore. Dal momento che le forze esercitate
da labbra, guance e lingua a riposo vengono mantenute
per la maggior parte del tempo, la posizione dentale dovrebbe risentire dell’influenza di tali tessuti molli.
È facile dimostrare che ciò si verifica realmente. Se,
per esempio, il tessuto molle del labbro subisse una cicatrizzazione in grado di provocare uno stato di contrazione
del labbro stesso, gli incisivi vicini verrebbero spostati lin-
FIGURA 5.23 La cicatrice all’angolo della bocca di questo bambino è
dovuta a un’ustione subita in tenera età mordendo un filo elettrico. In
accordo con la teoria dell’equilibrio, si è sviluppata un’alterazione della forma dell’arcata dentale nella regione della lesione.
gualmente a causa della contrazione del labbro contro di
essi (Fig. 5.23). Al contrario, se la forza centripeta delle
labbra e delle guance viene a mancare per qualche motivo,
i denti tendono a spostarsi vestibolarmente in risposta alla
pressione esercitata dalla lingua, la quale non trova alcuna
opposizione (Fig. 5.24). L’ipertrofia della lingua conseguente a un tumore o a un’altra causa avrà come risultato
uno spostamento vestibolare dei denti, anche se le labbra
e le guance sono intatte, poiché si è verificata una modificazione dell’equilibrio (Fig. 5.25).
Queste osservazioni rendono evidente che, al contrario delle forze determinate dalla masticazione, le pressioni
lievi e prolungate esercitate da labbra, guance e lingua a
riposo sono fondamentali nel determinare la posizione
dentale. Sembra tuttavia improbabile che le forze intermittenti di breve durata che si determinano quando la lingua e le labbra entrano in contatto con i denti durante la
deglutizione e la fonazione possano avere un impatto significativo sulla posizione dentale.28 Infatti, come già os-
A
B
FIGURA 5.24 In questa sfortunata paziente una grossa porzione della guancia è stata distrutta da un’infezione tropicale. La vestibolarizzazione dei denti che si è verificata dal lato affetto, per la perdita della
forza centripeta esercitata dalla guancia, illustra l’effetto della variazione di equilibrio. (Da Moss JP, Picton DCA: Arch Oral Biol 12:13131320, 1967.)
FIGURA 5.25 In seguito a una paralisi, in questo paziente la lingua è
rimasta appoggiata contro i denti mandibolari posteriori di sinistra. (A)
Visione intraorale. (B) Modelli montati in articolatore. Il grave spostamento dei denti in questo adulto rappresenta la conseguenza dell’aumentata pressione linguale che ha alterato l’equilibrio prima esistente.
(Per gentile concessione del Dr. T Wallen.)
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
TABELLA 5.2 Fattori che possono alterare l’equilibrio: entità
e durata della forza esercitata sui denti durante la funzione.
Fattori che possono
alterare l’equilibrio
Contatti dentali
Masticazione
Deglutizione
Pressione di labbra,
guance e denti
Deglutizione
Fonazione
A riposo
Pressioni esterne
Abitudini viziate
Ortodonzia
Pressioni intrinseche
Fibre PDL
Fibre gengivali
Entità
della forza
Durata
della forza
Molto pesante
Leggera
Molto breve
Molto breve
Moderata
Leggera
Molto leggera
Breve
Molto breve
Lunga
Moderata
Moderata
Variabile
Variabile
Leggera
Variabile
Lunga
Lunga
servato per le forze masticatorie, l’entità della pressione
sarebbe sufficiente a spostare un dente, ma la durata è insufficiente (Tab. 5.2).
Un’altra variazione dell’equilibrio potrebbe essere determinata da fattori esterni, tra cui i più importanti sono
le abitudini (viziate) e gli apparecchi ortodontici. Per
esempio, un dispositivo ortodontico che applichi una forza leggera sulla parte interna dell’arcata può essere utilizzato per espandere i denti lateralmente e anteriormente,
creando lo spazio sufficiente all’allineamento di tutti i
denti. Dopo un certo grado di espansione dell’arcata, la
pressione delle guance e delle labbra comincia ad aumentare. Ci si può aspettare che, per tutto il tempo di applicazione, l’apparecchio, anche se non esercita più alcuna
forza attiva, svolga una funzione di retainer, contrastando
l’aumento delle forze esercitate dai tessuti molli sui denti. Dopo la rimozione dell’apparecchiatura, l’equilibrio
135
viene di nuovo alterato e i denti tendono a collassare lingualmente, fino a raggiungere una nuova posizione di
equilibrio.
Se un’abitudine viziata possa svolgere la medesima
funzione di un apparecchio ortodontico per cambiare la
posizione di un dente è stato argomento di controversia
fin dal I secolo a.C., quando Celsus raccomandava che un
bambino con un dente malposto venisse istruito a esercitare una pressione su di esso con il dito, fino a spostarlo
nella posizione corretta. In base alle nostre attuali conoscenze sull’equilibro, ci aspetteremmo il buon risultato di
tale pressione se il bambino tenesse il dito sul dente per almeno 6 ore al giorno.
Lo stesso ragionamento può essere applicato ad altre
abitudini: se un’abitudine viziata, come succhiarsi il pollice, produce una forza sui denti di durata superiore a quella
soglia (6 ore o più al giorno), è in grado sicuramente di spostare i denti (Fig. 5.26). Se invece l’abitudine ha una durata
inferiore, non ci si deve aspettare quasi nessun effetto, indipendentemente dall’entità della pressione. Pertanto, a
prescindere dal fatto che un certo comportamento sia essenziale o non essenziale, innato o acquisito, il suo effetto
sulla posizione dentale non è determinato dall’entità della
forza applicata ai denti, bensì dalla durata di tale forza.
Questo concetto consente anche di comprendere meglio come alcune attività, quali il suonare uno strumento
musicale, possano essere correlate all’insorgenza di una
malocclusione. In passato alcuni clinici avevano sospettato che suonare uno strumento a fiato potesse influire sulla posizione dei denti anteriori e alcuni avevano incoraggiato l’uso di determinati strumenti come parte della terapia ortodontica. Suonare il clarinetto, per esempio, potrebbe aumentare l’overjet, per il modo con cui l’ancia
viene posizionata tra gli incisivi; per questo motivo tale
A
B
FIGURA 5.26 Modelli dentali di gemelle omozigoti di 11 anni, una delle quali (A) ha continuato a succhiare il pollice per alcune ore al giorno, mentre l’altra (B) ha abbandonato tale abitudine all’età di 6 anni. La vestibolarizzazione dei denti anteriori nella prima gemella è evidente. (Per gentile concessione del
Dr. T Wallen.)
136
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
strumento potrebbe essere considerato sia una causa potenziale di malocclusione di II Classe, sia un ausilio terapeutico per i trattamenti delle III Classi. Le ricerche in
questa direzione, tuttavia, hanno fallito nel confermare
una precisa correlazione,29 nonostante alcune evidenze in
musicisti professionisti abbiano sortito un effetto molto
suggestivo a sostegno di tale ipotesi.30 Sembra molto probabile che la durata della pressione della lingua e delle
labbra, associata all’uso di determinati strumenti, sia
troppo breve per provocare degli effetti, ad eccezione che
nei musicisti più assidui.
Un altro elemento che può intervenire nell’equilibrio
dentale è rappresentato dal sistema di fibre parodontali,
sia del tessuto gengivale che del legamento parodontale.
Si è già osservato che quando un dente cade, lo spazio tende a chiudersi, in parte a causa delle forze create dalle fibre transettali della gengiva. L’importanza di questa forza
è stata dimostrata sperimentalmente nelle scimmie mediante l’estrazione di un dente e l’esecuzione di ripetute
incisioni nella gengiva, così dà disorganizzare il sistema di
fibre transettali e impedirgli di ristabilire una continuità.
In tali circostanze la chiusura dello spazio viene quasi
completamente a mancare.31
Lo stesso sistema di fibre gengivali viene stirato in maniera elastica durante il trattamento ortodontico e tende a
riportare i denti nella loro posizione originale. L’esperienza clinica ha dimostrato che, dopo un trattamento ortodontico, spesso è opportuno eliminare queste forze eseguendo delle incisioni gengivali che interrompano le fibre
transettali stirate, permettendo la loro guarigione con i
denti correttamente allineati (v. Cap. 17). Tuttavia, quando non è presente uno spazio di estrazione o un movimento dentale ortodontico, il sistema di fibre gengivali sembra avere effetti minimi sull’equilibrio dentale.
Come già affermato, anche il legamento parodontale
può contribuire al sistema di forze che determina l’equilibrio dentale. Il processo di eruzione non è ancora completamente noto, ma è ormai evidente che la spinta eruttiva si
genera all’interno del legamento parodontale. Questa forza è abbastanza intensa e prolungata da poter spostare un
dente. Sembra probabile che la stessa attività metabolica
produca le forze che prendono parte alla “stabilizzazione
attiva” dei denti, contribuendo direttamente all’equilibrio. Non è noto in quale misura ciò avvenga nei denti che
non sono in via di eruzione, mentre si sa che il meccanismo di eruzione rimane potenzialmente attivo per tutta la
vita, dal momento che un dente, qualora il suo antagonista
venga estratto, può ricominciare a erompere anche diversi
anni dopo che il suo livello di emergenza nell’arcata si è
stabilizzato. Pertanto nel legamento parodontale esiste
un’attività metabolica che almeno potenzialmente può influenzare la posizione di equilibrio del dente.
Considerando le forze eruttive, si arriva ad affrontare
l’aspetto finale dell’equilibrio dentale: gli effetti delle forze che agiscono sui denti devono essere considerati non
solo sui piani trasverso e anteroposteriore, che individua-
no la posizione del dente all’interno dell’arcata, ma anche
sul piano verticale, il quale definisce la posizione del dente
in relazione al suo grado di eruzione. La posizione verticale di ogni dente è data dall’equilibrio tra le forze che
producono l’eruzione dentale e quelle che si oppongono
ad essa. Le forze della masticazione sono quelle che primariamente si oppongono all’eruzione, ma le forze più
lievi e prolungate esercitate dai tessuti molli, come la lingua che si interpone tra i denti, sono probabilmente più
importanti, anche nel determinare l’equilibrio sul piano
orizzontale.
Effetti dell’equilibrio sulle dimensioni e sulla forma
dei mascellari. I mascellari possono essere considerati
come costituiti da un nucleo centrale di osso al quale sono attaccati dei processi funzionali (v. Fig. 4.12). I processi ossei funzionali appariranno alterati se la funzione
cambia o viene perduta. Per esempio, l’osso del processo
alveolare esiste perché ha la funzione di sostenere i denti.
Se un dente non erompe, l’osso alveolare non si forma
mai nell’area che il dente avrebbe dovuto occupare e, se
un dente viene estratto, l’alveolo in quella zona si riassorbe fino ad atrofizzarsi completamente. Quando uno dei
due denti antagonisti viene estratto, l’altro generalmente
riprende a erompere cosicché, mentre nel mascellare dove è stato perso il dente l’osso si riassorbe, nell’altro si
forma nuovo osso alveolare, portato con sé dal dente in
via di eruzione. Pertanto la forma della cresta alveolare di
un dente è determinata dalla posizione di questo e non
dal suo carico funzionale.
La stessa cosa si verifica per i processi muscolari: la
forma dell’osso è determinata prima di tutto dai punti di
inserzione del muscolo, piuttosto che dal carico meccanico o dal grado di attività. La crescita muscolare condiziona la posizione dell’inserzione e così la crescita muscolare
può modificare la forma dei mascellari, in particolare a livello dell’angolo della mandibola. Il grado di attività muscolare ha un effetto scarso o nullo sulla morfologia, ma si
riflette nella densità dell’osso. Forze di masticazione molto intense non si traducono in una mandibola dalla morfologia significativamente alterata, ma in una maggior densità, come osservato nei reperti radiografici.
Se possiamo considerare i processi condilari della
mandibola come dei processi funzionali, va presa in considerazione l’interessante ipotesi per cui cambiando la posizione della mandibola se ne può variare lo sviluppo. L’idea
che l’avanzamento o la retrusione forzata della mandibola
possa modificare la sua crescita è stata prima accettata, poi
respinta e infine ancora parzialmente accettata durante il
secolo scorso. Ovviamente tale teoria ha importanti implicazioni per quanto riguarda il processo eziologico delle
malocclusioni. Per esempio, se un bambino posiziona la
mandibola in avanti a causa di un’interferenza con gli incisivi o a causa di una macroglossia, è possibile che ciò stimoli la mandibola a un maggiore accrescimento fino a determinare una malocclusione di III Classe? È possibile
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
che lasciando dormire un bambino prono, con tutto il peso del capo sul mento, si determini un iposviluppo della
mandibola e quindi una malocclusione di II Classe?
L’effetto della durata della forza sull’equilibrio a livello
dei mascellari non è così chiaro come per i denti. Sembra,
tuttavia, che valga lo stesso principio: l’intensità della forza è meno importante della sua durata. Se la mandibola si
posiziona in avanti solo quando i denti sono portati in occlusione, ne dedurremo che, per la maggior parte del tempo, quando la mandibola è nella sua posizione di riposo,
non si produce un avanzamento mandibolare. In tal caso
non dovremmo aspettarci alcun effetto sul processo funzionale da parte di queste forze intermittenti e di breve
durata, e i processi condilari sembrano effettivamente non
risentirne, in accordo con questo principio. Nessuna prova sperimentale né clinica suggerisce che la crescita mandibolare possa essere alterata da precontatti occlusali (nonostante si debba ricordare che l’eruzione dentale e quindi la posizione finale dei denti potrebbe invece esserlo).
Se invece la mandibola fosse mantenuta in protrusione
per tutto il tempo, come potrebbe verificarsi in presenza di
una macroglossia, si potrebbe oltrepassare il livello-soglia
di durata e si potrebbero osservare degli effetti sulla crescita. Clinicamente si rileva che i soggetti con macroglossia
hanno quasi sempre una mandibola ben sviluppata, ma è
molto difficile stabilire la dimensione della lingua. Solo in
casi estremi, come in pazienti con un’ipofunzione tiroidea
instauratasi in età precoce, è possibile essere ragionevolmente certi che la dimensione maggiore della lingua abbia
contribuito all’eccessiva crescita mandibolare (Fig. 5.27).
È comunque improbabile che questa rappresenti la causa
principale di un prognatismo mandibolare.32
Nonostante ancora 50 anni fa fosse da molti ritenuto
che le pressioni sulla mandibola conseguenti a varie abitudini, in particolare quella di dormire in posizione prona,
interferissero con la crescita determinando malocclusioni
di II Classe, non esistono prove sufficienti e attendibili
che confermino tale ipotesi. La crescita della matrice di
137
tessuti molli, che spinge la mandibola anteriormente e che
crea uno spazio tra il condilo e la fossa temporale, sembra
essere il meccanismo attraverso cui si verifica l’accrescimento; ma l’inibizione della crescita mandibolare tramite
l’applicazione di una pressione non rappresenta una forma di sviluppo normale ed è molto difficile da realizzare,
se non impossibile.
Applicando la teoria dell’equilibrio, possiamo pertanto concludere che le pressioni o le forze intermittenti
hanno poco o nessun effetto, sia sulla posizione dei denti
che sulla dimensione e sulla forma dei mascellari. La densità dell’osso, ma non la forma, dei processi alveolari e
dell’area basale dei mascellari può subire variazioni in
funzione delle forze masticatorie. Né le forze della masticazione né le pressioni esercitate dai tessuti molli durante
la deglutizione e la fonazione possono avere un’influenza
significativa sulla posizione dentale.
Maggiori influenze sull’equilibrio dentale provengono
dalle pressioni lievi, ma durature, esercitate dalla lingua,
dalle labbra e dalle guance in posizione di riposo. Inoltre,
ci si può aspettare un contributo significativo da parte degli effetti elastici delle fibre gengivali e dell’attività metabolica del legamento parodontale (Tab. 5.2). Queste influenze interessano la posizione dei denti, sia sul piano
verticale che su quello orizzontale, potendo avere profondi effetti sia sul grado di eruzione dei denti stessi che sulla
loro posizione nell’arcata dentale. I maggiori effetti sull’equilibrio dei mascellari consistono nei cambiamenti
posturali che coinvolgono i processi funzionali, inclusi i
processi condilari.
Nella parte restante di questo paragrafo vengono esaminati le abitudini e i modelli funzionali che possono produrre una malocclusione e che quindi, alla luce della teoria dell’equilibrio, possono essere considerati dei potenziali agenti eziologici.
Influenze funzionali sullo sviluppo
dentofacciale
Funzione masticatoria. La pressione generata dalla
funzione masticatoria è un fattore potenzialmente significativo nella determinazione dello sviluppo facciale per due
motivi: (1) un’attivazione maggiore delle basi ossee, in seguito a forze di masticazione aumentate o più prolungate,
potrebbe incrementare le dimensioni dei mascellari e delle
arcate dentali. Un utilizzo minore delle basi ossee potrebbe portare ad un iposviluppo delle arcate dentali, e all’affollamento nonché al disallineamento; (2) una riduzione delle forze di masticazione potrebbe influenzare il grado di eruzione dei denti, modificando così l’altezza facciale inferiore e le relazioni di open e deep bite. Esaminiamo
ora entrambe le possibilità in dettaglio.
FIGURA 5.27 Una macroglossia, come in questo paziente affetto da
un’ipofunzione tiroidea dall’infanzia, può contribuire all’instaurarsi di
un prognatismo mandibolare, costringendo per tutto il tempo la mandibola in posizione di avanzamento.
Funzione e dimensione dell’arcata dentale. La teoria
dell’equilibrio, rivista recentemente, afferma che la dimensione e la forma dei processi muscolari delle basi os-
138
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
see dovrebbero riflettere la dimensione e l’attività dei
muscoli. Un aumento degli angoli goniaci mandibolari si
osserva in persone con un’ipertrofia dei muscoli elevatori
della mandibola (Fig. 5.28), inoltre i cambiamenti nella
forma dei processi coronoidei si verificano nei bambini
quando la funzione dei muscoli temporali viene alterata
in seguito a traumi; così non vi è più alcun dubbio che i
processi muscolari delle basi ossee siano influenzati nella
specie umana dalla funzione muscolare. La teoria dell’equilibrio afferma che forze pesanti ed intermittenti prodotte durante la masticazione dovrebbero avere scarsa influenza diretta sulla posizione dentale, e perciò la dimensione delle arcate dentali dovrebbe essere regolata dalla
funzione solo se le loro basi ossee sono ampliate. L’attività masticatoria è in grado di influenzare l’ampiezza della
basi ossee delle arcate dentali?
Sembra probabile che le diversità riguardo a ciò, tra i
gruppi razziali, riflettano le differenze nella dieta e la conseguente attività masticatoria. L’ampiezza delle arcate
dentali che si riscontra nella tipica morfologia dentofacciale degli eschimesi viene meglio spiegata se considerata come l’adattamento ad una sollecitazione molto forte che si
verifica sulle basi ossee e sui denti33. Le modificazioni delle
dimensioni craniofacciali avvenute con l’aumento della civilizzazione sono state spiegate con l’evoluzione della dieta
alimentare.34 Un certo numero di studi condotti dagli antropologi fisici indica che le variazioni nell’occlusione dentale e l’aumento delle malocclusioni si sono verificati nel
passaggio da una dieta e da uno stile di vita primitivo a
quello moderno, a tal punto che Corruccini definisce la
malocclusione un “disturbo della civilizzazione”.35
Nel contesto di adattamento ai cambiamenti alimentari nell’arco di alcune generazioni, si è potuto evidenziare
come il modificarsi delle abitudini alimentari abbia con
A
ogni probabilità giocato un ruolo fondamentale nell’attuale aumento delle malocclusioni. Non è ancora completamente dimostrato se l’attività masticatoria riesca ad influenzare la dimensione delle arcate dentarie e l’aumento
di spazio per l’eruzione dentale durante lo sviluppo in un
singolo individuo. I rapporti ossei in senso verticale sono
chiaramente interessati dall’attività muscolare (l’effetto
sull’eruzione dentale viene discusso in seguito); comunque, l’effetto sull’ampiezza delle arcate non è ancora del
tutto chiarito.36
Esperimenti condotti su animali confrontando l’alimentazione a base di cibi molli e duri mostrano che i cambiamenti morfologici possono verificarsi all’interno di una
singola generazione quando la dieta viene modificata in
modo sostanziale. Per esempio, in un maiale allevato con
una dieta più morbida del consueto, avvengono dei cambiamenti nella morfologia mandibolare, nell’orientamento delle basi ossee rispetto al resto della struttura scheletrico-facciale e nella dimensione delle arcate dentali.37 Resta
ancora oscuro se effetti simili si possano verificare anche
negli uomini. Nel caso in cui la consistenza della dieta influisca davvero sulla dimensione delle arcate dentali e sull’aumento dello spazio per l’eruzione dentale, durante lo
sviluppo dell’individuo, ciò si deve verificare molto precocemente nel corso della vita, dal momento che le dimensioni delle arcate dentali si strutturano molto presto. La
distanza intercanina, la chiave dimensionale per l’allineamento o l’affollamento degli incisivi, che è la maggiore
componente delle malocclusione non scheletriche, aumenta solo di poco dopo che i canini decidui sono erotti all’età di due anni e tende a ridursi dopo l’eruzione dei canini permanenti (v. Cap. 4). È possibile che l’attività masticatoria in un bambino giochi un ruolo maggiore nel determinare la dimensione delle arcate dentali? Sembra impro-
B
FIGURA 5.28 L’ipertrofia del muscolo massetere causa un’eccessiva formazione di osso all’angolo mandibolare, come dovrebbe avvenire in un’area che risponde all’attecchimento muscolare.
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
Forze masticatorie ed eruzione. I pazienti con un eccessivo overbite o con un open bite anteriore solitamente
presentano denti posteriori rispettivamente poco e molto
erotti. Sembra logico pensare che il grado di eruzione
dentale possa dipendere dalla forza che viene esercitata
sui denti durante la masticazione. Ebbene, è possibile che
differenze nella forza muscolare, e quindi nella forza di
masticazione, siano coinvolte nell’eziologia dei problemi
di short face e long face?
Alcuni anni fa è stato notato che i soggetti con short
face e long face hanno forze massime di masticazione, rispettivamente maggiori e minori rispetto agli individui
con dimensioni verticali normali. Studi più recenti hanno
dimostrato che tra pazienti con long face e pazienti con
dimensioni verticali normali esistono differenze molto significative per quanto riguarda i contatti occlusali durante
la deglutizione, la masticazione simulata e la forza massima di serramento (Fig. 5.29).38 Questa associazione tra
morfologia facciale e forze occlusali non prova però l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto. Nelle rare sindromi caratterizzate da astenia muscolare discusse in precedenza si riscontra una rotazione posteriormente e in
basso della mandibola, associata a un’eccessiva eruzione
dei denti posteriori, ma questa è quasi una “caricatura”
della più comune condizione di long face, piuttosto che
una sua accentuazione. Se esistessero prove di una diminuzione delle forze occlusali nei bambini che evidenziano
un modello di crescita del tipo long face, potrebbe essere
confermata una relazione causale.
È possibile identificare un modello di crescita long face
nei bambini in fase prepuberale. La misurazione delle forze occlusali in questo gruppo offre un risultato sorprendente: non vi sono differenze tra i bambini con viso allungato e quelli con normale dimensione verticale, né tra entrambi i gruppi di bambini e gli adulti con long face.39 Tutti e tre questi gruppi hanno forze di masticazione di gran
lunga inferiori a quelle degli adulti con viso normale (Fig.
5.30). Da ciò si deduce, quindi, che le differenze nelle forze occlusali si manifestano nella pubertà, quando il gruppo
normale acquista maggiore forza nei muscoli masticatori
rispetto al gruppo che sta sviluppando una condizione di
long face. Pertanto, poiché il modello di crescita del tipo
long face può essere identificato prima che si manifestino
delle differenze nelle forze occlusali, sembra più probabile
che la differente forza di masticazione sia un effetto piuttosto che una causa della malocclusione.
Questi risultati suggeriscono che la forza esercitata dai
muscoli masticatori non sia un fattore ambientale importante nell’eziologia della maggior parte delle malocclusioni. Lo studio di individui con distrofia muscolare e sin-
50
40
Forza (kg)
babile. La tendenza genetica che porta ad una riduzione
delle dimensioni delle basi ossee, accelerata dai cambiamenti di abitudini alimentari, è la spiegazione più plausibile, anche se non è ancora chiara la precisa relazione tra
questi fattori.
139
30
20
10
0
Deglutizione
Masticazione
Forza massima
di serramento
FIGURA 5.29 Valutazione delle forze occlusali durante la deglutizione e la masticazione e la forza massima di serramento con 2,5 mm di
separazione tra i molari: confronto tra un adulto con dimensione verticale normale (in nero) e uno con long-face (in rosso). Si noti come il
soggetto normale presenti delle forze occlusali molto maggiori in tutte
e tre le situazioni. Le differenze statisticamente sono altamente significative. (Ridisegnata da Proffit WR, Fields HW, Nixon WL: Occlusal
forces in normal and long face adults, J Dent Res 62:566-571, 1983.)
dromi simili mostra che ci possono essere effetti ben definiti sulla crescita se la muscolatura non è normale; ma, in
assenza di sindromi di questo tipo, non c’è alcuna ragione
per credere che la forza con cui un paziente mastica possa
essere un fattore importante per la determinazione sia
delle dimensioni delle arcate dentali che delle dimensioni
verticali del viso.
Succhiamento e altre abitudini viziate. Sebbene quasi tutti i bambini normalmente presentino abitudini di
succhiamento di tipo non nutritivo, il prolungamento di
tali abitudini può favorire lo sviluppo di malocclusioni. In
genere, durante gli anni della dentizione decidua tale abitudine non produce effetti significativi a lungo termine.
Se tuttavia queste abitudini persistono fino all’inizio dell’eruzione della dentatura permanente è probabile che si
sviluppi una malocclusione caratterizzata da incisivi superiori vestibolarizzati e con spaziature, incisivi inferiori
lingualizzati, open bite anteriore e ristrettezza dell’arcata
superiore (v. Fig. 5.26). La malocclusione tipicamente associata al succhiamento deriva da una combinazione della pressione diretta sui denti con un’alterazione della
pressione delle guance e delle labbra durante il riposo.
Quando un bambino inserisce il pollice o un altro dito
tra i denti, il dito solitamente è inclinato ad angolo e spinge lingualmente gli incisivi inferiori e vestibolarmente i
superiori (Fig. 5.31). Questa pressione diretta è probabilmente responsabile del dislocamento degli incisivi. Esistono considerevoli variazioni relative agli effetti che tale
abitudine provoca sui denti, sia per quanto riguarda l’entità delle conseguenze sia per ciò che concerne il tipo di
denti interessati, a seconda delle modalità di succhiamento e di contatto di questi. Il grado di dislocamento dei
140
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
12
60
40
11
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10
9
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Forza (kg)
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0
NC
LC
NA
LA
0
NC
Deglutizione
LC
NA
Masticazione
LA
NC
LC
NA
LA
Forza massima di serramento
FIGURA 5.30 Confronto fra le forze occlusali registrate in bambini con dimensioni verticali normali (NC, in nero), bambini long face (LC, in rosso),
adulti con dimensioni verticali normali (NA, in nero), adulti long face (LA, in rosso). I valori di entrambi i gruppi di bambini e di adulti long face sono
simili; i valori degli adulti con dimensioni verticali normali sono significativamente più alti di tutti gli altri tre gruppi. Ne segue che le differenze nelle
forze occlusali dell’età adulta sono il risultato del mancato raggiungimento di valori normali di forza occlusale durante l’adolescenza da parte degli
individui con long face e non della condizione di eccessiva dimensione verticale in sé. (Ridisegnata da Proffit WR, Fields HW: Occlusal forces in normal and long face children, J Dent Res 62:571-574, 1983.)
FIGURA 5.31 Un bambino che succhia il pollice generalmente lo posiziona nel modo qui illustrato, creando una pressione che spinge gli
incisivi inferiori lingualmente e quelli superiori vestibolarmente. Inoltre,
la mandibola viene abbassata, creando una maggior opportunità di
eruzione dei denti posteriori; la pressione delle guance è aumentata,
mentre la lingua è abbassata e allontanata dai denti superiori posteriori, alterando l’equilibrio che controlla la dimensione trasversa dell’arcata. Se il pollice viene posizionato in modo asimmetrico, si può
determinare un’asimmetria delle arcate.
denti è correlabile più al numero quotidiano di ore di succhiamento, che all’entità della pressione. I bambini che
succhiano vigorosamente ma con intermittenza possono
non presentare spostamenti considerevoli degli incisivi,
mentre quelli che imprimono una pressione per sei ore o
più al giorno, soprattutto quelli che dormono tutta la notte con il pollice o un altro dito in bocca, possono provocare una malocclusione rilevante.
L’open bite anteriore associato al succhiamento del
pollice deriva dalla combinazione di un’interferenza nella
normale eruzione degli incisivi con un’eccessiva eruzione
dei denti posteriori. Per consentire al pollice o ad un altro
dito di porsi tra i denti anteriori, la mandibola deve posizionarsi in basso. L’interposizione del pollice impedisce
direttamente l’eruzione degli incisivi. Allo stesso tempo,
la separazione delle basi ossee altera l’equilibrio verticale
sui denti posteriori, che risulta in una maggiore eruzione
dei denti posteriori. Per la geometria delle arcate, 1 mm di
eruzione posteriore apre il morso circa di 2 mm anteriormente e ciò contribuisce notevolmente allo sviluppo dell’open bite anteriore (Fig. 5.32).
Sebbene durante il succhiamento si crei all’interno
della bocca una pressione negativa, questa non può essere
considerata responsabile del restringimento dell’arcata
superiore che solitamente si accompagna all’abitudine al
succhiamento. Piuttosto sembra ragionevole pensare che
l’arcata superiore non si sviluppi in larghezza a causa di
uno squilibrio tra la pressione delle guance e quella della
lingua. Se il pollice è interposto tra i denti, la lingua deve
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
FIGURA 5.32 Questo tracciato cefalometrico evidenzia gli effetti dell’eruzione posteriore sull’apertura del morso anteriormente. La differenza tra il tracciato nero e quello rosso indica che un aumento di eruzione dei primi molari di 2 mm determina una separazione degli incisivi di 4 mm, in virtù della geometria dei mascellari.
FIGURA 5.33 Rappresentazione schematica delle pressioni dei tessuti molli nella regione molare in un bambino che ha l’abitudine al succhiamento. Mentre la lingua è abbassata e le guance si contraggono
durante il succhiamento, l’equilibrio delle pressioni sui denti superiori
è alterato e i molari superiori, ma non quelli inferiori, vengono dislocati lingualmente.
essere posizionata inferiormente, il che diminuisce la
pressione della lingua contro la zona linguale dei denti superiori posteriori. Allo stesso tempo, la pressione delle
guance contro questi denti è incrementata dalla contrazione del buccinatore durante il succhiamento (Fig. 5.33).
La pressione delle guance è maggiore agli angoli della
bocca e questo probabilmente spiega perché l’arcata mascellare tende ad assumere una forma a V, con una maggiore costrizione a livello dei canini che non dei molari.
Un bambino che succhia il dito con energia avrà più probabilità di avere un’arcata superiore stretta rispetto ad un
altro che appoggia semplicemente il pollice tra i denti.
Nonostante l’abitudine del succhiamento possa contribuire in maniera notevole allo sviluppo di una maloc-
141
clusione, in realtà essa non crea una malocclusione severa
se l’abitudine cessa nel periodo della dentizione mista. Un
dislocamento medio degli incisivi decidui si può riscontrare spesso in un bambino di 3-4 anni che succhia il pollice, ma se il succhiamento cessa in questa fase, si ricostituisce l’equilibrio tra la pressione del labbro e quella delle
guance, per cui i denti tornano presto nella loro normale
posizione. Se l’abitudine persiste dopo l’eruzione degli incisivi permanenti può essere necessario un trattamento
ortodontico per risolvere il dislocamento dentale. La costrizione dell’arcata superiore è probabilmente l’ultimo
aspetto della malocclusione che si corregge spontaneamente. In molti bambini, se si effettua un’espansione trasversale dell’arcata superiore, sia la protrusione incisale
che l’open bite anteriore migliorano spontaneamente (v.
Cap. 13). Naturalmente non c’è motivo per iniziare il
trattamento ortodontico prima che l’abitudine sia stata
interrotta.
Molte altre abitudini viziate sono state indicate come
causa di malocclusione. Un tempo si pensava che una delle principali cause di malocclusione di II Classe fosse una
“posizione abituale durante il sonno” in cui il peso della
testa appoggia sul mento. Inoltre si riteneva che le asimmetrie facciali potessero essere attribuite all’abitudine di
dormire sempre su un lato o ad “abitudini posturali”, come quando un bambino disattento a scuola appoggia un
lato della faccia sulla mano per sonnecchiare senza cadere
dalla sedia.
Non è facile deformare la struttura scheletrica facciale
di base nei modi appena descritti. L’abitudine al succhiamento spesso supera in durata la soglia minima necessaria
a produrre effetti sui denti, ma anche quando il succhiamento è prolungato, esso non può modificare se non minimamente la struttura di base dei mascellari. Con un’attenta analisi si è potuto concludere che la maggior parte
delle altre abitudini viziate ha una durata tanto breve che è
improbabile che provochi effetti sui denti, né tanto meno
scheletrici, significativi.
Interposizione della lingua. In diversi periodi è stata
dedicata molta attenzione alle caratteristiche e alla posizione della lingua come possibili cause di malocclusione.
I possibili effetti deleteri della “deglutizione con interposizione della lingua” [detta anche deglutizione atipica –
N.d.T.] (Fig. 5.34), caratterizzata dal posizionamento della punta della lingua tra gli incisivi durante la deglutizione, sono stati enfatizzati soprattutto negli anni ’50 e ’60.
Studi di laboratorio indicano che gli individui che interpongono la lingua tra i denti durante la deglutizione
non producono una pressione sui denti maggiore rispetto
a coloro che hanno una deglutizione normale, anzi forse
la pressione è anche minore.40 Il termine interposizione della lingua è pertanto impreciso, poiché implica che vi sia
una pressione forzata della lingua in avanti. La deglutizione non è un atteggiamento appreso, ma è definito e controllato fisiologicamente a livello inconscio, cosicché,
142
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
FIGURA 5.34 Aspetto tipico dei denti in un individuo con “deglutizione atipica”, con la punta della lingua protrusa in avanti al fine di prendere contatto con il labbro inferiore sollevato.
qualunque sia il modello di deglutizione, esso non può essere considerato propriamente un’abitudine. È pur vero,
comunque, che gli individui caratterizzati da open bite
anteriore evidenziano una deglutizione atipica, a differenza di coloro che hanno una normale relazione incisale, e
taluni imputano la causa della malocclusione alla presenza
di questo modello di deglutizione.
La maturazione delle funzioni orali, compresa la deglutizione, è stata discussa in parte già nel Capitolo 2. La
deglutizione tipica dell’adulto compare generalmente
presto, all’età di 3 anni in alcuni bambini, mentre nella
maggior parte di essi non è presente fino all’età di 6 anni e
non viene raggiunta dal 10-15% della popolazione adulta.
La deglutizione con interposizione della lingua negli adulti ricorda a prima vista la deglutizione infantile (descritta
nel Cap. 3) e spesso di queste persone si dice effettivamente che hanno una deglutizione infantile, ma ciò non è corretto. Solo nei bambini con danni cerebrali si osserva una
vera deglutizione infantile, dove la parte posteriore della
lingua svolge un ruolo poco significativo se non nullo.
Poiché i movimenti coordinati della lingua posteriore
e l’elevazione della mandibola tendono a svilupparsi prima che scompaia la tendenza a protrudere la lingua tra gli
incisivi, l’“interposizione della lingua” nei bambini rappresenta spesso uno stadio di transizione del modello di
deglutizione. Durante la transizione della deglutizione
dal modello infantile a quello adulto, è probabile che un
bambino attraversi uno stadio in cui la deglutizione è caratterizzata da un’attività muscolare che porta a contatto
le labbra, separa i denti posteriori e interpone la lingua tra
i denti. Questa è la descrizione di una deglutizione atipica.
Nei bambini che hanno l’abitudine del succhiamento ci si
può aspettare un ritardo nel passaggio a una deglutizione
di tipo adulto.
Se è presente un open bite anteriore e/o una protrusione degli incisivi superiori, come si verifica facilmente
quando esiste l’abitudine al succhiamento, è più difficile
sigillare la parte anteriore della bocca durante la deglutizione per evitare la fuoriuscita di cibo o liquidi. Portare le
labbra a contatto e interporre la lingua tra i denti rappresenta una manovra efficace a creare un sigillo anteriore
della bocca. In altre parole, la deglutizione atipica rappresenta un’efficace forma di adattamento fisiologico per coloro che hanno un open bite o un overjet; quasi tutti gli individui con open bite evidenziano anche una deglutizione
atipica, mentre non si verifica il contrario; infatti spesso è
presente una deglutizione con interposizione della lingua
in bambini che hanno una buona occlusione anteriore.
Quando si interrompe l’abitudine al succhiamento, l’open
bite tende a chiudersi spontaneamente, ma la tendenza a
protrudere la lingua durante la deglutizione tende a persistere per un po’ di tempo, durante la correzione dell’open
bite. Finché l’open bite non è corretto completamente, rimane necessario un sigillo anteriore da parte della punta
della lingua.
L’attuale punto di vista, in breve, è che la deglutizione
con interposizione della lingua si evidenzia principalmente in due situazioni: nei bambini con un’occlusione entro i
limiti della norma, in cui rappresenta uno stadio di transizione della normale maturazione fisiologica; in individui
di ogni età con posizione irregolare degli incisivi, in cui
questo comportamento rappresenta una forma di adattamento alla necessità di creare un sigillo anteriore. L’interposizione linguale, pertanto, dovrebbe essere considerata
la conseguenza e non la causa del dislocamento degli incisivi. Ne consegue, naturalmente, che la correzione della
posizione dei denti dovrebbe modificare anche il modello
di deglutizione e ciò è in effetti quello che avviene. Non è
inoltre necessario né consigliabile cercare di insegnare al
paziente una diversa modalità di deglutizione prima di
iniziare il trattamento ortodontico.
Quest’affermazione non significa che la lingua non
svolga alcun ruolo nello sviluppo di una malocclusione
con open bite. Secondo la teoria dell’equilibrio, una pressione lieve ma continua della lingua contro i denti dovrebbe avere effetti significativi. La protrusione della lingua
che si manifesta durante la deglutizione atipica semplicemente ha una durata troppo breve per influenzare la posizione dei denti in modo significativo. La pressione della
lingua contro i denti durante una deglutizione dura generalmente circa un secondo. Un individuo normalmente
deglutisce circa 800 volte al giorno quando è sveglio e solo poche volte all’ora quando dorme. Ne risulta un totale
di circa 1000 deglutizioni al giorno; un migliaio di secondi
di pressione totalizza solo pochi minuti, troppo pochi perché si possano avere effetti significativi sull’equilibrio che
regola la posizione dei denti.
D’altra parte, se un paziente ha una lingua posizionata
anteriormente durante il riposo, la durata di tale pressione, anche se molto leggera, potrebbe influire sulla posizione dei denti, in senso orizzontale o verticale. La deglutizione atipica è spesso associata a qualche alterazione del-
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
la posizione della lingua. Pertanto, se la posizione di partenza del movimento della lingua è diversa da quella normale, tale da modificare la pressione risultante a riposo, è
probabile che si evidenzi un effetto sui denti, mentre se la
posizione della lingua a riposo è normale, la deglutizione
atipica non produce alcun effetto significativo.
Forse questo concetto è più comprensibile se si confronta il numero di bambini con malocclusione caratterizzata da open bite con quello dei bambini della stessa età
che mostrano una deglutizione atipica. Come illustrato
dalla Figura 5.35, dopo i 6 anni il numero di bambini che
presenta una deglutizione atipica è 10 volte superiore a
quello dei bambini con open bite anteriore. Non c’è alcuna ragione per credere che una deglutizione atipica implichi sempre la presenza di un’alterazione della posizione a
riposo e conduca pertanto a una malocclusione. La probabilità che compaia un open bite in questi casi è di 10 : 1. In
un bimbo con un open bite anteriore la posizione della
lingua a riposo può essere un fattore eziologico, mentre la
deglutizione atipica non lo è.
Deglutizione atipica (bianchi)
Succhiamento del pollice (femmine)
Succhiamento del pollice (maschi)
Bambini neri
Bambini bianchi
}
Open bite > 2 mm
143
Modello di respirazione. Poiché le necessità respiratorie influenzano la posizione delle basi ossee e della lingua (e
della testa stessa, in misura minore), sembra del tutto ragionevole concludere che un modello alterato di respirazione, come per esempio la respirazione orale, possa determinare un cambiamento della posizione delle basi ossee,
della testa e della lingua. Ciò, a sua volta, può alterare l’equilibrio delle pressioni che si sviluppano sui mascellari,
sui denti e influenzare la posizione dei denti e la crescita
delle basi ossee. Per respirare con la bocca, è necessario abbassare la mandibola e la lingua ed estendere la testa, posizionandola all’indietro. Se questa postura fosse mantenuta,
l’altezza facciale aumenterebbe e i denti posteriori andrebbero incontro a un’eruzione eccessiva; a meno di un’improbabile crescita verticale del ramo, la mandibola ruoterebbe in basso e indietro, creando un open bite anteriore e
un aumento di overjet; infine, la maggiore pressione che le
guance creerebbero in seguito allo stiramento potrebbe favorire lo sviluppo di un’arcata superiore più stretta.
Il tipo di malocclusione descritto è quello associato alla maggior parte dei casi caratterizzati da respirazione
orale (si noti la somiglianza con il tipo di malocclusione
che viene imputata all’abitudine del succhiamento e alla
deglutizione atipica). Tale associazione è nota da diverso
tempo: nella letteratura inglese il termine facies adenoidea è
stato riportato da più di un secolo (Fig. 5.36). Sfortunata-
60
Percentuale della popolazione
50
40
30
20
10
0
6
10
14
18
Età
FIGURA 5.35 Percentuale di presenza di open bite anteriore, succhiamento del pollice e deglutizione atipica in funzione dell’età. L’open
bite si evidenzia più frequentemente nei neri che nei bianchi. Si noti
che la presenza di open bite anteriore a ogni età è pari a una piccola
frazione della percentuale di deglutizione atipica ed è anche inferiore
alla percentuale di presenza di abitudine al succhiamento. (Dati provenienti da Fletcher SG et al. J Speech Hear Disord 26:201-208,
1961; Kelly JE et al: DHEW Pub No [HRA] 77-144, 1977.)
FIGURA 5.36 La classica “facies adenoidea”, che consiste in una dimensione trasversa stretta, denti protrusi e labbra dischiuse a riposo, è
stata spesso attribuita alla presenza di respirazione orale. Poiché è perfettamente possibile respirare attraverso il naso anche con le labbra dischiuse, semplicemente creando un sigillo orale posteriore con il palato
molle, l’aspetto facciale non è un elemento diagnostico del tipo di respirazione. Studi approfonditi hanno dimostrato che molti di questi pazienti non hanno necessariamente una respirazione orale.
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
6
5
4
3
2
1
Rimozione ostruzione
Narici ostruite
mente, la relazione tra la respirazione orale, la postura alterata e lo sviluppo della malocclusione non è così chiara
come può apparire in teoria.41 Gli studi sperimentali recenti hanno chiarito questa relazione solo in parte.
Volendo analizzare tale problema, è necessario considerare innanzitutto che, nonostante gli uomini respirino
prevalentemente per via nasale, tutti almeno in parte respirano con la bocca in determinate situazioni fisiologiche
come, per esempio, durante un esercizio fisico, quando è
necessario aumentare la ventilazione. Mediamente, si evidenzia il passaggio a una respirazione parzialmente orale
quando la ventilazione raggiunge una velocità di 40-45
1/min.42 Durante uno sforzo di massima intensità si raggiunge una richiesta (di scambio) di 80 l/min, la metà dei
quali viene introdotta attraverso la bocca. In condizioni di
riposo, il flusso minimo di aria è pari a 20-25 l/min, ma già
un’attività mentale quale la concentrazione o anche una
normale conversazione determinano un aumento della
ventilazione e il passaggio a una respirazione parzialmente orale.
In condizioni di riposo, è maggiore lo sforzo per respirare attraverso il naso che attraverso la bocca, poiché i tortuosi passaggi del flusso aereo nelle vie nasali, necessari
per riscaldare e umidificare adeguatamente l’aria inspirata, costituiscono un elemento di resistenza. Il maggior lavoro richiesto dalla respirazione nasale in condizioni fisiologiche è accettabile solo se il sistema presenta resistenze
moderate. Se il naso è parzialmente ostruito, il lavoro necessario alla respirazione aumenta e, in corrispondenza di
un certo valore di resistenza al flusso aereo nasale, si passa
a una respirazione parzialmente orale. Il punto di passaggio varia da un individuo all’altro, ma generalmente corrisponde a un valore di resistenza pari a circa 3,5-4 cm
H2O/l/min.43 La congestione della mucosa nasale, che solitamente si accompagna al comune raffreddore, provoca
in ciascuno di noi il passaggio transitorio a una respirazione parzialmente orale, per il meccanismo appena descritto. Una prolungata infiammazione della mucosa nasale,
associata per esempio a un’allergia o a un’infezione cronica, può provocare un’ostruzione cronica delle vie nasali.
Tale situazione si può produrre anche in seguito a ostruzioni meccaniche nell’ambito delle vie nasali, dalle narici
fino alle coane nasali posteriori. In condizioni normali, il
fattore che limita maggiormente il flusso aereo è il diametro delle narici. Nei bambini generalmente le tonsille faringee e le adenoidi sono molto sviluppate e un’eventuale
ostruzione può favorire lo sviluppo di una respirazione
orale. Individui che hanno avuto un’ostruzione cronica
delle vie nasali possono continuare a respirare in parte con
la bocca anche dopo che la causa dell’ostruzione è stata rimossa. In questa situazione la respirazione orale può essere considerata un’abitudine (viziata).
Se la respirazione è in grado di influenzare le basi ossee e i denti, essa dovrebbe causare un cambiamento posturale, che successivamente può essere alterato dalla continua pressione esercitata dai tessuti molli.
Cambiamento in gradi della
postura della testa
144
0
–1
0:00
0:30
1:00
1:30
2:00
Tempo (h/min)
2:30
3:00
FIGURA 5.37 Dati di un esperimento condotto su studenti in odontoiatria, che dimostrano l’immediato cambiamento di postura della testa in
seguito a ostruzione totale delle narici: la testa si piega all’indietro di circa 5°, aumentando la separazione tra le basi ossee. Quando l’ostruzione viene rimossa, la testa torna nella sua posizione originaria. (Ridisegnata da Vig PS et al: Am J Orthod 77:258-268, 1980.)
Esperimenti condotti su soggetti umani hanno dimostrato che un’ostruzione cronica nasale si accompagna a
un cambiamento di postura.44 Per esempio, quando il naso è completamente ostruito, si verifica immediatamente
una variazione di 5° nell’angolo craniovertebrale (Fig.
5.37). Le basi ossee si muovono in relazione al grado di innalzamento della maxilla quando la testa viene retroinclinata e la mandibola abbassata.
Quando la causa dell’ostruzione nasale viene rimossa,
l’individuo ritorna alla sua postura originaria. Tuttavia, la
stessa risposta fisiologica si verifica anche in individui che
hanno già una certa ostruzione nasale, e ciò indica che tale
postura può non essere determinata totalmente dalle esigenze respiratorie.
Esperimenti condotti su scimmie durante lo sviluppo
dimostrano che l’ostruzione cronica delle narici per un
lungo periodo produce in questa specie una malocclusione, la quale però è diversa dal tipo comunemente riscontrato negli uomini con una respirazione orale.45 Le scimmie tendono infatti a sviluppare un certo grado di prognatismo mandibolare, nonostante vi sia una considerevole varietà di risposta (Fig. 5.38). Inserendo un ostacolo
a livello del palato della scimmia, in modo da mantenere
forzatamente in basso la lingua e la mandibola, si può indurre una serie di malocclusioni. Sembra pertanto evidente che il meccanismo con cui si producono variazioni
nella crescita delle basi ossee risieda nell’alterazione della postura. La variabilità di risposta ottenuta in questi
esperimenti suggerisce che il tipo di malocclusione che si
determina dipende dal tipo di adattamento del singolo
animale.
Nella valutazione di questi esperimenti va ricordato
che la respirazione orale di ogni grado è del tutto innaturale per le scimmie, le quali morirebbero se le vie nasali
fossero improvvisamente ostruite. Per realizzare questi
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
FIGURA 5.38 Malocclusione determinata sperimentalmente in una
scimmia che ha subito un’ostruzione nasale totale per parecchi mesi
durante lo sviluppo. Si noti il prognatismo mandibolare, che rappresenta la risposta più frequente negli esperimenti di questo tipo. (Da Harvold
EP et al: Am J Orthod 79:359-372, 1981.)
esperimenti fu necessario ostruire gradualmente il naso di
questi animali, in modo da consentire loro di imparare a
sopravvivere con una respirazione orale. L’ostruzione nasale totale è rara anche per gli uomini.
Esistono pochi casi ben documentati di crescita facciale in bambini affetti da ostruzione nasale totale prolungata, ma sembra che in questi casi il modello di accrescimento sia alterato nel modo atteso (Fig. 5.39). Dal momento
che l’ostruzione nasale totale è così rara negli uomini, la
domanda importante da un punto di vista clinico è se l’ostruzione nasale parziale, del tipo che si verifica occasionalmente in ogni individuo e cronicamente in qualche
bambino, possa determinare una malocclusione; o meglio, quanto prossima a un’ostruzione totale deve diventare un’ostruzione parziale per diventare clinicamente significativa?
È difficile rispondere a questa domanda, soprattutto
perché è difficile conoscere il modello di respirazione
realmente presente negli uomini in ogni momento. Taluni
tendono a equiparare la separazione labiale a riposo alla
respirazione orale (v. Fig. 5.36), ma ciò non è corretto. È
perfettamente possibile, infatti, respirare attraverso il naso pur avendo le labbra dischiuse. Per fare ciò è semplicemente necessario sigillare la bocca, posizionando la lingua
contro il palato. Poiché alcuni bambini in condizioni normali tengono le labbra dischiuse a riposo (incompetenza
labiale), molti bambini che sembrano avere una respirazione orale in realtà possono non averla.
Anche i semplici test clinici per evidenziare la respirazione orale possono essere fuorvianti. La mucosa nasale,
altamente vascolarizzata, è soggetta a fasi periodiche di
congestione circolatoria e a parziale ostruzione. Questa
ciclicità interessa alternativamente le narici: quando una è
libera, l’altra presenta generalmente un certo grado di
ostruzione. Per questa ragione i test clinici solitamente
utilizzati per verificare se il paziente può respirare liberamente attraverso le narici danno quasi sempre esito nega-
145
tivo. La presenza di una narice parzialmente ostruita non
dovrebbe essere considerata di per sé un problema di respirazione.
L’unico modo attendibile per verificare l’entità della
respirazione orale consiste nel determinare la percentuale
del flusso aereo totale che viene introdotto attraverso il
naso e attraverso la bocca, il che richiede l’uso di uno strumento speciale per misurare contemporaneamente il flusso aereo nasale e orale. In tal modo è possibile calcolare la
percentuale di respirazione nasale e orale (rapporto nasale/orale), per il tempo in cui il soggetto riesce a tollerare
di essere monitorato in modo continuo. La presenza di
una certa percentuale di respirazione orale, mantenuta
per un determinato periodo di tempo, dovrebbe consentire di definire una respirazione orale significativa, ma nonostante anni di sforzo non è stato ancora possibile stabilire questa percentuale.
I migliori dati sperimentali sul rapporto esistente tra
malocclusione e respirazione orale sono quelli provenienti dal confronto del rapporto nasale/orale di bambini
normali con quello di bambini con long face.46 La relazione in realtà non è così chiara come appare in teoria.
Questi dati vengono ben rappresentati su un grafico come quello della Figura 5.40, il quale illustra che sia i bam-
FIGURA 5.39 Questa sovrapposizione cefalometrica mostra l’effetto
conseguente a un’ostruzione nasale totale prodotta da un’operazione
di lembo faringeo (eseguita per problemi di palatoschisi) che ha sigillato
il naso posteriormente. Dall’età di 12 anni (in nero) all’età di 16 anni (in
rosso) la mandibola ha ruotato in basso e posteriormente durante la notevole crescita del paziente. (Ridisegnata da McNamara JA: Influence
of respiratory pattern on craniofacial growth, Angle Orthod 51:269-300,
1981.)
146
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
Percentuale del gruppo
60
50
Faccia normale (N = 16)
40
Faccia lunga (N = 32)
30
20
10
0
0-20
21-40
41-60
61-80
81-100
Respirazione nasale (percentuale)
FIGURA 5.40 Confronto delle percentuali di respirazione nasale di adolescenti long face con quelle di adolescenti
con proporzioni facciali normali. Circa un terzo del gruppo long face ha una percentuale di respirazione nasale inferiore al 50%, mentre nessuno del gruppo di controllo evidenzia una percentuale così bassa di respirazione nasale.
Tuttavia, la maggior parte degli individui long face respira con il naso. Questi dati suggeriscono che un’inadeguata
respirazione nasale può contribuire allo sviluppo di una condizione di long face, ma non è la sola né la principale
causa. (Dati riprodotti da Fields HW, Warren DW, Black BK, Philips C: Relationship between vertical dentofacial
morphology and respiration in adolescents, Am J Orthod Dentofac Orthop 99:147-154, 1991.)
Normale
Necessità di adenoidectomia
FIGURA 5.41 Media dei tracciati cefalometrici di un gruppo di bambini
svedesi che richiedeva adenoidectomia per problemi di salute, a confronto con un gruppo di bambini normali. Il gruppo che richiedeva adenoidectomia aveva un’altezza facciale inferiore significativamente
maggiore e un angolo del piano mandibolare più ripido rispetto al gruppo di controllo, ma le differenze non erano molto rilevanti. (Ridisegnata
da Linder-Aronson S: Acta Otolaryngol Scand [Suppl. 265], 1970.)
bini normali sia quelli con long face mostrano prevalentemente una respirazione nasale nelle condizioni di osservazione in laboratorio. Una minoranza di bambini con
long face evidenzia meno del 40% di respirazione nasale,
mentre tra i bambini normali nessuno presenta una percentuale così bassa. Quando si esaminano pazienti long
face adulti, i risultati sono simili: il numero di soggetti
che mostrano un’ostruzione nasale è superiore rispetto
alla popolazione normale, ma la maggior parte di questi
non ha una respirazione prevalentemente orale. È ragionevole presumere che i bambini che richiedono una tonsillectomia o un’adenoidectomia per motivi di salute, oppure quelli a cui viene diagnosticata un’allergia cronica
che coinvolge le prime vie respiratorie, abbiano qualche
grado di ostruzione nasale (nonostante sia bene ricordare
che ciò non è ancora ben documentato). I bambini affetti
da allergia evidenziano mediamente un aumento dell’altezza facciale inferiore e conseguentemente un aumento
dell’overjet e una diminuzione dell’overbite.47 Studi condotti su bambini svedesi che hanno subito un’adenoidectomia dimostrano che questi soggetti avevano mediamente un’altezza facciale inferiore aumentata rispetto ai
soggetti normali di controllo (Fig. 5.41). Essi inoltre presentavano una certa costrizione maxillare e incisivi più diritti.48 Inoltre, quando questi stessi bambini venivano osservati dopo il trattamento, tendevano a ritornare verso la
media del gruppo di controllo, ma mantenevano una differenza significativa (Fig. 5.42). Altri studi di questo tipo
riportano differenze simili tra bambini normali di controllo e bambini che necessitavano di adenoidectomia e/o
tonsillectomia.49
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
31
Piano mandibolare (gradi)
Differenza = 0,9
34 casi adenoidei
54 controlli
30
29
28
OPINIONE ATTUALE SULL’EZIOLOGIA
DELLE MALOCCLUSIONI
Differenza = 3,1
Evoluzione delle opinioni sull’eziologia
delle malocclusioni
Differenza = 0,5
27
Differenza = 1,8
26
25
Prima
dell’adenoidectomia
147
1 anno
dopo la
chirurgia
5 anni
dopo la
chirurgia
FIGURA 5.42 Confronto tra gli angoli dei piani mandibolari di un gruppo di bambini sottoposti ad adenoidectomia con un gruppo di controllo.
Si noti che le differenze esistenti dopo adenoidectomia sono diminuite
ma non sono totalmente scomparse. (Ridisegnata da Linder-Aronson
S: In Cook JT, (ed.): Transactions of the Third International Orthodontic
Congress, St Louis, 1975, Mosby.)
Nonostante le differenze tra i bambini normali e quelli del gruppo con allergie o che richiedeva adenoidectomia fossero statisticamente significative e reali, tuttavia
non erano rilevanti. L’altezza facciale era mediamente 3
mm maggiore nel gruppo che richiedeva adenoidectomia.
Studi inglesi meno recenti dimostrano che la percentuale
delle varie malocclusioni riscontrate in bambini con problemi otorinolaringoiatrici è circa uguale a quella riscontrata nel gruppo di controllo di bambini senza problemi di
tipo respiratorio.50 Sembra pertanto evidente che la ricerca sui problemi respiratori a questo punto abbia stabilito
due principi opposti, lasciando un grosso spazio indefinito tra di essi: (1) è molto probabile che l’ostruzione nasale
totale alteri il modello di crescita e conduca a malocclusioni negli animali da esperimento e nei soggetti umani;
inoltre, nella popolazione con long face sono numerosi gli
individui con alta percentuale di respirazione orale; ma (2)
la maggior parte degli individui con modello di crescita
long face non evidenzia un’ostruzione nasale, pertanto
deve essere presente un fattore diverso con un ruolo eziologico principale. Forse le alterazioni della postura, associate alla parziale ostruzione nasale e agli aumenti modesti
della percentuale di respirazione orale, non sono abbastanza importanti per provocare una malocclusione severa. La respirazione orale, pertanto, può contribuire allo
sviluppo dei problemi ortodontici, ma è difficile indicarla
quale fattore eziologico frequente.
È interessante considerare l’altro aspetto della relazione: può la malocclusione causare talvolta un’ostruzione
respiratoria? L’apnea notturna è stata recentemente riconosciuta come uno dei problemi di respirazione più frequenti, ed è evidente che l’iposviluppo mandibolare può
contribuire alla sua formazione.51 Tuttavia il fattore causale non è limitato alla morfologia orofacciale/obesità,
età/specie, ma sembrano essere importanti in tal senso anche le caratteristiche cefalometriche. 52
La filosofia dei primi ortodontisti era ispirata dalla fede
nella possibilità di rendere l’uomo perfetto. Edward Angle e i suoi contemporanei, influenzati da un’immagine
romantica dei popoli primitivi tipica del loro tempo, erano convinti che la malocclusione fosse una condizione derivante dalla civilizzazione e attribuivano la maggiore incidenza delle malocclusioni a un’impropria funzione dei
mascellari in seguito alle diverse condizioni della vita moderna, ritenute “degenerate”. Un importante scopo del
trattamento era pertanto cambiare la funzione dei mascellari per promuovere una crescita corretta e rendere adeguate le proporzioni facciali; ciò comunque si rivelò piuttosto difficile.
La genetica classica (mendeliana) si sviluppò rapidamente nella prima parte del XX secolo e contribuì a
diffondere una differente visione di tale problema. Questa
nuova opinione asseriva che la malocclusione è prima di
tutto il risultato di proporzioni dentofacciali ereditate geneticamente, le quali possono essere modificate in qualche modo da variazioni dello sviluppo, eventuali traumi o
funzioni alterate, ma che fondamentalmente sono stabilite al momento del concepimento. Se ciò fosse vero, tuttavia, le possibilità di correzione con un trattamento ortodontico sarebbero piuttosto limitate. Il compito dell’ortodontista consisterebbe nell’adattare la dentatura alle
strutture facciali esistenti, essendo scarsa la speranza di
riuscire a produrre cambiamenti più importanti.
Negli anni ’70 e ’80 vi fu un significativo ritorno all’opinione precedente, dal momento che si osservò che l’ereditarietà non spiegava la maggior parte delle variazioni
nell’occlusione e nelle proporzioni scheletriche; inoltre le
nuove teorie sul controllo della crescita indicarono come
le influenze ambientali potessero agire modificando la postura. Il concetto precedente, cioè che la funzione dei mascellari è in relazione con lo sviluppo delle malocclusioni,
fu ripreso e si consolidò, sia grazie all’evidenza che la sola
ereditarietà non forniva una spiegazione esauriente, sia
grazie a una visione più ottimistica della possibilità di modificare lo scheletro umano. Alcune applicazioni cliniche,
in alcuni casi già abbandonate perché ritenute fallimentari, furono riprese con grande ottimismo allo scopo di ottenere un’espansione dell’arcata e una modificazione della
crescita.
In questo inizio del XXI secolo, sembra emergere una
visione più bilanciata. La ricerca attuale ha rifiutato l’immagine semplicistica della malocclusione come risultato
di caratteristiche dentali e facciali ereditate indipendentemente, ma le conclusioni della ricerca hanno anche dimostrato che non si può spiegare in modo altrettanto sempli-
148
SEZIONE II Lo sviluppo dei problemi ortodontici
cistico l’origine della malocclusione rapportandola alla
semplice funzione orale. Nessuno degli elementi che generalmente vengono associati ad alterazioni della funzione orale (la respirazione orale, la protrusione linguale, una
dieta a base di cibi molli, la posizione assunta nel sonno)
può essere considerato come l’unica o la principale causa
della maggior parte delle malocclusioni. Secondo l’opinione attuale è corretto affermare che la ricerca non ha ancora chiarito il ruolo preciso dell’ereditarietà come agente
eziologico della malocclusione. Attualmente è stato accertato che esiste un’ereditarietà relativamente elevata per le
dimensioni craniofacciali e un’ereditarietà relativamente
bassa per le caratteristiche dell’arcata dentale, ma rimane
tuttora sconosciuto l’effetto della componente genetica
sul processo eziologico delle malocclusioni che presentano componenti sia dentali che facciali. È pertanto difficile
poter trarre conclusioni sul processo eziologico dei problemi ortodontici, soprattutto perché essi probabilmente
insorgono a causa dell’interazione di numerosi fattori.
La discussione riassuntiva seguente rappresenta un
tentativo di sintetizzare le attuali conoscenze in un’ottica
moderna, nella consapevolezza che non è tuttora possibile
trarre conclusioni definitive.
Eziologia dell’affollamento
e del disallineamento dentale
L’affollamento dentale, che al momento attuale rappresenta il tipo più comune di malocclusione, in parte è certamente in relazione con la progressiva riduzione delle dimensioni mascellari e dentali che si è verificata durante l’evoluzione, ma tale fatto non può essere considerato il principale fattore di incremento dell’affollamento tipico degli
anni recenti. L’incremento degli accoppiamenti tra popolazioni diverse può spiegare almeno in parte l’aumento di
incidenza dell’affollamento negli ultimi secoli. L’incremento dell’incidenza delle malocclusioni osservato negli
studi sulla popolazione hawaiana dimostra l’importanza
degli incroci, anche quando non si verifica la trasmissione
ereditaria indipendente delle caratteristiche dentofacciali.
Le dimensioni mascellari sembrano avere un forte controllo genetico e le dimensioni trasverse influiscono direttamente sulla quantità di spazio a disposizione dei denti.
Il recente incremento degli affollamenti dentali deve
essere dovuto in parte anche a fattori ambientali; tuttavia
non è ben chiaro il ruolo da essi assunto. Nonostante si
possa pensare che una dieta a base di cibi più teneri e un
incremento di incidenza della respirazione orale possano
spiegare l’aumento dell’affollamento, in realtà tale spiegazione non è molto persuasiva. Forse le variazioni relativamente recenti della dieta, che senza dubbio hanno ridotto
le richieste funzionali dei mascellari, hanno accelerato la
tendenza alla riduzione della dimensione mascellare già in
corso. La respirazione orale potrebbe in teoria contribuire all’affollamento, alterando l’equilibrio lingua-labbra/
guance, quando la mandibola viene ruotata in basso e
indietro, ma ovviamente non è una delle cause principali.
La valutazione del contributo delle caratteristiche ereditarie all’affollamento è importante nella programmazione
di una terapia ortodontica; ciò implica che per un significativo numero di pazienti saranno necessarie estrazioni, al
fine di creare lo spazio sufficiente all’allineamento degli
altri denti. La terapia fisica volta a sviluppare maggiormente l’apparato dentale sembra un’alternativa poco promettente. Nell’epoca in cui ogni malocclusione era attribuita a un ambiente “degenerato”, non era mai raccomandata l’estrazione dei denti e il trattamento prevedeva di
routine l’espansione ortodontica. Nel periodo di massima
convinzione che le caratteristiche ereditate fossero i fattori determinanti della malocclusione, la maggior parte dei
pazienti veniva invece trattata con estrazioni. Attualmente si pensa che la verità (e con essa la percentuale di estrazioni) risieda più o meno nel mezzo.
Altri tipi di problemi di I Classe (non scheletrici), quali i crossbite, il disallineamento di denti singoli, sembrano
derivare da un’interazione tra l’iniziale posizione dei germi dentali e la pressione ambientale che guida l’eruzione
dei denti. Le forze esercitate dalle labbra, dalle guance,
dalla lingua, dalle dita o da altri oggetti possono influenzare la posizione dei denti, sia verticalmente che orizzontalmente, se le pressioni sono mantenute per un periodo
sufficientemente lungo. Il lieve incremento di una pressione applicata in maniera continua può essere sufficiente
per spostare i denti. Ogni singolo dente o tutti i denti di
un settore di arcata possono essere spostati vestibolarmente o lingualmente, o portati ad una maggiore o minore eruzione rispetto al normale. La conclusione che si può
desumere è che i problemi minori di prima classe, in particolar modo i crossbite non scheletrici, sono causati prevalentemente da alterazioni funzionali. I problemi maggiori
hanno generalmente una componente ulteriore di sviluppo o genetica.
Eziologia dei problemi scheletrici
I problemi ortodontici scheletrici, vale a dire quelli risultanti da una malposizione o da una malformazione dei
mascellari piuttosto che dall’irregolarità dei denti, possono derivare da diverse cause. Cause ereditarie, difetti nello sviluppo embrionale, traumi e influenze di tipo funzionale possono contribuire all’insorgenza di tali problemi.
Le sindromi genetiche specifiche e i difetti congeniti che
coinvolgono i mascellari sono rari, come pure le malocclusioni causate prevalentemente da traumi. Il fatto che
nelle popolazioni primitive non sempre si riscontrino occlusioni ideali, suggerisce che le variazioni dal nostro
schema occlusale ideale sono completamente compatibili
con una funzione normale. Con la modificazione della
dieta, attualmente sono considerate accettabili maggiori
variazioni dei mascellari, che un tempo probabilmente
non sarebbero state compatibili con una sopravvivenza a
lungo termine e quindi con la possibilità di riprodursi.
CAPITOLO 5 Eziologia dei problemi ortodontici
Il 15-20% della popolazione attuale degli Stati Uniti e
del Nord Europa presenta malocclusioni di II Classe ed è
probabile che per la maggior parte di questi individui vi
sia una tendenza ereditaria a presentare proporzioni facciali retrognatiche. Solo poche malocclusioni di II Classe
sono causate da una particolare interferenza con la crescita ed è improbabile anche che un numero significativo di
queste sia attribuibile solamente a cause funzionali (il che
non significa che l’alterazione di un equilibrio funzionale
non possa accentuare la tendenza già esistente a una II
Classe). I casi più severi sono quelli in cui la tendenza ereditaria è aggravata da fattori ambientali.
Esiste una sicura tendenza familiare e razziale al prognatismo mandibolare. Un eccessivo sviluppo mandibolare potrebbe verificarsi in seguito a una postura mandibolare inadeguata, dal momento che la costante distrazione
verso il basso del condilo dalla fossa può rappresentare
uno stimolo alla crescita. Le deviazioni funzionali della
mandibola influenzano solamente la posizione dei denti,
ma una costante postura alterata per necessità respiratorie, le dimensioni della lingua o le dimensioni faringee
possono certamente influenzare anche lo sviluppo. In ultima analisi non è importante sapere se la tendenza ereditaria riguardi principalmente l’eccessivo sviluppo della
mandibola oppure una macroglossia o altre caratteristiche
che conducono secondariamente a un ipersviluppo mandibolare. Il motivo per cui è presente un deficit maxillare è
quasi interamente sconosciuto, ma una semplice causa
ambientale sembra improbabile e, come per i problemi di
II Classe, la maggior parte dei problemi di III Classe è associata a proporzioni mascellari ereditarie.
Una funzione alterata è stata tradizionalmente associata ai problemi di accrescimento verticale, specialmente
all’open bite anteriore. Un bambino con un open bite anteriore di media gravità, per esempio, si presume presenti,
fino a prova contraria, un’abitudine al succhiamento. Gli
open bite possono inoltre essere in relazione alla postura
della lingua, ma non all’attività della lingua durante la deglutizione; anche i cambiamenti posturali dovuti a ostruzioni parziali delle vie aeree possono avere un ruolo nel
determinare tale situazione. L’eccessiva eruzione dei denti posteriori predispone qualsiasi individuo a un open bite
anteriore e una postura verso il basso della mandibola e
della lingua può promuovere un’eruzione posteriore eccessiva. Tuttavia, le proporzioni verticali dei mascellari
sono ereditabili allo stesso modo delle proporzioni anteroposteriori, con caratteristiche di ereditarietà molto simili. L’open bite anteriore è molto più comune nella popolazione nera rispetto a quella bianca, mentre il deep bite è molto più comune nei bianchi (v. il Cap. 1); sembra
ragionevolmente chiaro che questa diversa incidenza rifletta le diverse caratteristiche della morfologia facciale,
piuttosto che eventuali influenze ambientali. È probabile
che in alcuni individui la postura interagisca con le caratteristiche ereditarie delle dimensioni mascellari nel produrre open o deep bite.
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Si può concludere l’argomento dell’eziologia affermando che, qualunque sia la malocclusione, essa quasi
sempre raggiunge una certa stabilità alla fine della crescita. Se un problema ortodontico viene corretto in età adulta, il che è chiaramente difficile perché una gran parte del
trattamento è affidato alla crescita, anche un grosso cambiamento può essere stabile. Gli agenti eziologici, in altre
parole, non sono più presenti quando la crescita è terminata. La malocclusione è in definitiva un problema di sviluppo.
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