Sezione VIII TRATTAMENTO ORTODONTICO NEGLI ADULTI G li adulti che richiedono un trattamento ortodontico rientrano in due gruppi diversi di pazienti: (1) molti giovani (in genere minori di 35 anni, spesso ventenni) che avrebbero voluto un trattamento complessivo quando erano bambini e che lo richiedono quando hanno raggiunto un’indipendenza economica, e (2) molti adulti, spesso più vecchi, in genere tra i 40 e i 50 anni, che hanno altri problemi dentali e ai quali viene consigliato un trattamento ortodontico complementare ad un piano di trattamento più esteso. Per il primo gruppo l’obiettivo mira ad un generale miglioramento della vita stessa. Di solito questi pazienti ricercano un trattamento complessivo e il massimo miglioramento raggiungibile e possono o meno necessitare di un trattamento coordinato con altri specialisti dell’odontoiatria. Il secondo gruppo cerca di mantenere ciò che già possiede, e non necessariamente mira a raggiungere il miglior risultato possibile. In questi ultimi pazienti il trattamento ortodontico è necessario per risolvere degli obiettivi specifici: per controllare alcune patologie dentali o per poter sostituire adeguatamente per via protesica dei denti mancanti; perciò l’ortodonzia rappresenta una procedura complementare ad obiettivi parodontali e conservativi. Il primo gruppo, quello dei giovani, che richiedono un trattamento complessivo, rappresenta fino ad ora il gruppo di adulti più numeroso. In seguito all’incremento numerico del gruppo di coloro che sono nati subito dopo la fine della seconda guerra mondiale (baby boomers), si può con una certa sicurezza prevedere un aumento delle richieste di trattamento ortodontico all’inizio del nuovo secolo, da parte del secondo gruppo. Il trattamento ortodontico complementare, soprattutto quello riguardante le procedure più semplici, spesso può essere realizzato dal dentista generico e questo ventesimo capitolo è stato scritto secondo quest’ottica, presupponendo che si conoscano i principi della diagnosi ortodontica e della pianificazione terapeutica, non necessariamente del trattamento ortodontico complessivo. Invece la discussione del trattamento complessivo negli adulti, che sarà presentata nel Capitolo 21, si fonda sui principi già discussi nei Capitoli dal 16 al 21, ed è dedicata prevalentemente a quegli aspetti specifici del trattamento degli adulti che differiscono dal trattamento dei pazienti più giovani. Il trattamento complessivo degli adulti è generalmente più difficile e complesso da un punto di vista tecnico. Il fatto che la crescita sia terminata presuppone che non siano possibili interventi di modifica di quest’ultima per correggere discrepanze scheletriche. Le possibilità sono pertanto solo quelle che prevedono movimenti dentali per ottenere un compenso (camouflage), oppure l’intervento della chirurgia ortognatica. Il Capitolo 22, che tratta della chirurgia ortognatica, descrive le possibilità di questo tipo di terapia e tutti i principi fondamentali per il trattamento dei pazienti con problemi complessi. C A P I T O L O 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto Obiettivi del trattamento complementare Principi del trattamento complementare Considerazioni diagnostiche e pianificazione del trattamento Considerazioni biomeccaniche Tempi e sequenze del trattamento Procedure del trattamento complementare Raddrizzamento dei denti posteriori Estrusione guidata Allineamento dentale anteriore Correzione del crossbite OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO COMPLEMENTARE La terapia ortodontica complementare si propone, per definizione, il movimento dentale attuato per facilitare altre terapie odontoiatriche, indispensabili per il controllo di una condizione patologica e per il ripristino di una funzione compromessa. Sebbene la malocclusione non vada considerata in senso stretto una condizione patologica, alcune malposizioni dentali non sono compatibili con il mantenimento di una buona salute orale a lungo termine. Questo concetto può essere meglio compreso analizzando ciò che è emerso dalla conferenza di Amsterdam sull’occlusione fisiologica e quella patologica.1 Un’occlusione fisiologica (non necessariamente un’occlusione di I Classe) si adatta agli stimoli funzionali e si mantiene senza limiti, mentre un’occlusione patologica non può perdurare senza contribuire alla propria degenerazione. Lo spostamento dentale dovrebbe diventare un passaggio importante del piano di trattamento ortodontico quando esistono i segni di un’occlusione patologica, o se i restauri eseguiti per altri scopi potrebbero favorire la formazione di placca o sollecitare troppo il supporto parodontale (vale a dire corone debordanti dei denti anteriori per chiudere spazi antiestetici, o un ponte posteriore su pilastri instabili). In pratica il trattamento ortodontico complementare comprende alcune o tutte queste procedure: (1) riposizionamento dei denti migrati dopo estrazioni o in seguito alla perdita di osso alveolare, tanto da permettere di inserire una protesi parziale rimovibile o fissa o impianti endossei; (2) eruzione guidata di denti fratturati per esporre una porzione radicolare sana su cui applicare corone protesiche; (3) allineamento dei denti frontali per protesi o restauri esteticamente migliori nel rispetto del contorno dell’osso interprossimale e della forma della zona interprossimale; (4) correzione di crossbite quando questi compromettono la funzione mandibolare (non tutti lo praticano). Qualunque sia lo stato occlusale iniziale, gli obiettivi del trattamento complementare dovrebbero: • facilitare la terapia protesica posizionando i denti in maniera tale da poter usare tecniche più conservative e più adeguate (inclusi gli impianti); • migliorare la salute parodontale eliminando zone di accumulo di placca e migliorare il contorno della cresta alveolare adiacente ai denti; • stabilire rapporti corona-radice favorevoli e posizionare i denti in modo che le forze occlusali siano trasmesse lungo l’asse maggiore dei denti stessi. Il trattamento complementare implica obiettivi ortodontici limitati e il miglioramento di aspetti particolari dell’occlusione più che una modificazione completa della stessa. Normalmente le apparecchiature si rendono necessarie solo in una parte dell’arcata dentale e per un breve periodo di tempo. Il trattamento ortodontico delle disfunzioni temporomandibolari non dovrebbe essere considerato di tipo complementare. È evidente che i confini tra il trattamento complementare e quello complessivo talvolta sono poco definiti. Tuttavia un trattamento che richieda un’apparecchiatura fissa completa o che sia sufficientemente complesso da prolungarsi per più di 6 mesi deve essere considerato complessivo e viene descritto nel prossimo capitolo. Viceversa un trattamento con un’appa- CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto recchiatura fissa parziale, che si conclude in meno di 6 mesi, è di tipo complementare. Fatta questa distinzione, la maggior parte dei trattamenti complementari analizzati in questo capitolo si possono realizzare nell’ambito di un’attività odontoiatrica generale. Qualora siano coinvolti uno o più specialisti, il trattamento ortodontico complementare deve essere coordinato attentamente con le altre procedure parodontali e conservative. PRINCIPI DEL TRATTAMENTO COMPLEMENTARE Considerazioni diagnostiche e pianificazione del trattamento La pianificazione del trattamento complementare comprende due fasi: (1) raccolta di dati di base adeguati e (2) sviluppo di una lista dei problemi del paziente approfon- 649 dita e schematizzata, cercando di non focalizzare l’attenzione esclusivamente su un singolo aspetto di una situazione complessa. L’importanza di questa fase di pianificazione del trattamento ortodontico complementare non sarà mai abbastanza ribadita, poiché la soluzione di problemi specifici può richiedere la conoscenza di diverse branche dell’odontoiatria. Nel definire la lista dei problemi si devono seguire i passaggi evidenziati nel Capitolo 6. L’anamnesi e l’esame clinico devono essere i medesimi per qualsiasi tipo di trattamento ortodontico. Gli esami diagnostici strumentali per i pazienti in trattamento ortodontico complementare differiscono per alcuni aspetti da quelli utilizzati per i bambini. Negli adulti con dentatura compromessa gli esami strumentali dovrebbero includere radiografie endorali a complemento dell’ortopantomografia: questa invece risulta sufficiente nei pazienti più giovani e in condizioni di salute migliori (Fig. 20.1). In genere, l’ortopantomografia non offre sufficienti dettagli. Per determinare esattamente quali radiografie siano adatte per valutare lo stato di salute orale del paziente devono essere seguite le indicazioni stabilite nel 1988 dall’US Public Health Service (v. Cap. 6). FIGURA 20.1 Negli adulti dal parodonto compromesso, in genere candidati a un trattamento ortodontico complementare, sono necessarie sia radiografie periapicali che l’ortopantomografia. La patologia parodontale attualmente è la principale indicazione ad eseguire delle radiografie periapicali. In questo paziente, che è candidato ad un trattamento ortodontico complementare, si ottiene un adeguato dettaglio delle morfologie radicolari, della patologia dentale e di quella parodontale solo con radiografie periapicali ben eseguite. 650 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti Per l’ortodonzia complementare non è richiesta in genere una teleradiografia con cefalometria prima di iniziare il trattamento, ma è utile eseguire un esame del profilo facciale per anticipare l’impatto dei vari movimenti dentali sul profilo. In alcuni casi i metodi di previsione computerizzati usati nel trattamento complessivo possono essere utilizzati anche nella pianificazione del trattamento ortodontico (v. Cap. 7). Inoltre, come per qualsiasi paziente ortodontico, vanno realizzati dei modelli di studio che evidenzino chiaramente la posizione delle corone, l’inclinazione dei denti e il contorno delle ossa alveolari di supporto. I modelli di studio devono essere montati in relazione centrica su un articolatore a valori medi, qualora si debba attuare una riabilitazione protesica estesa, o siano presenti altri segni di un’occlusione patologica. Una volta che tutti i problemi sono stati identificati e catalogati, la domanda chiave della pianificazione del trattamento è questa: è possibile ripristinare l’occlusione nell’ambito delle posizioni dentali esistenti o si deve spostare qualche dente per raggiungere un risultato soddisfacente, stabile, equilibrato e gradevolmente estetico? L’obiettivo del trattamento complementare è quello di garantire un’occlusione fisiologica e facilitare le altre terapie odontoiatriche, anche se ciò può aver poco a che vedere con i principi di Angle di I Classe ideale. I possibili movimenti dentali includono: mesializzazione o distalizzazione di determinate corone, radici o di entrambe; correzione dell’inclinazione assiale, della posizione vestibololinguale, delle rotazioni e della posizione verticale di uno o più denti. Nonostante l’intrusione dentale negli adulti possa far parte di un trattamento complessivo (v. Cap. 21), essa dovrebbe essere esclusa dalle procedure complementari a causa delle difficoltà tecniche e della possibilità di complicare un trattamento parodontale a lungo termine. Come regola generale, nel trattamento complementare i denti che sono eccessivamente estrusi vengono meglio trattati mediante la riduzione dell’altezza coronale, che ha il vantaggio di migliorare il rapporto coronoradicolare definitivo dei denti. Ovviamente la durata del trattamento dipende dalla gravità dei problemi e dalla quantità dei movimenti dentali che si desiderano ottenere, ma con un uso ottimale dell’apparecchiatura ortodontica dovrebbe essere possibile raggiungere gli obiettivi del trattamento complementare in sei mesi. In pratica questo significa che, come per il trattamento ortodontico complessivo, molti trattamenti ortodontici complementari richiedono delle apparecchiature fisse per lavorare in modo efficiente in un periodo di tempo ragionevole. per cui i movimenti dentali complementari richiedono un’apparecchiatura fissa. Per un trattamento ortodontico complementare, è consigliabile l’uso di bracket e tubi molari con slot edgewise 22 mil (non più ampi di metà dell’ampiezza della corona). Gli slot rettangolari dei bracket (edgewise) consentono il controllo dell’inclinazione assiale vestibololinguale, l’ampiezza del bracket favorisce il controllo delle rotazioni e dei tipping indesiderati, mentre la maggiore dimensione dello slot consente l’uso di fili di stabilizzazione, che sono un po’ più rigidi di quelli comunemente usati in un trattamento complessivo con archi continui. Tradizionalmente i pazienti adulti sono riluttanti a portare un’apparecchiatura fissa e ne preferiscono una rimovibile. Tuttavia queste apparecchiature raramente sono efficienti per un trattamento complementare (o complessivo). Le apparecchiature rimovibili producono semplici movimenti di tipping, rendendo il controllo della posizione radicolare dei denti molto difficile (v. Cap. 10) ed è anche complicato correggere le rotazioni contemporaneamente al riposizionamento coronale dentale (Fig. 20.2). Inoltre le apparecchiature rimovibili vengono portate al meglio a tempo parziale. Le forze intermittenti, benché in grado di produrre movimenti dentali, non sono efficienti come quelle continue, particolarmente in presenza di interferenze occlusali. La scomodità, i problemi di fonazione e di masticazione sono minori con un’apparecchiatura fissa attentamente studiata e posizionata che non con le apparecchiature rimovibili. In quasi tutti i casi, tuttavia, una volta che il paziente sia stato convinto dell’importanza del trattamento, la resistenza all’uso dell’apparecchiatura fissa è minima. Le apparecchiature rimovibili, tuttavia, possono presentare un vantaggio rispetto a quelle fisse nei pazienti a cui manca un numero notevole di denti. Esse, infatti, permettono alle forze di reazione derivanti dal movimento Considerazioni biomeccaniche FIGURA 20.2 La direzione del movimento dentale forma sempre un angolo retto con il braccio della molla di un apparecchio rimovibile, in corrispondenza del punto di contatto, per cui può essere molto difficile il controllo della posizione dentale e la correzione delle rotazioni. Nell’immagine di destra, l’applicazione della molla in modo da migliorare la rotazione premolare determina lo spostamento vestibolare. Caratteristiche dell’apparecchiatura ortodontica. In generale per il controllo dell’ancoraggio è necessario che i denti non si inclinino. È questo il motivo principale 651 CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto dentale di scaricarsi, oltre che sui denti di ancoraggio, anche sui tessuti di supporto adiacenti, quali la volta del palato e la mucosa alveolare. Se sono stati persi molti denti, questo approccio può essere l’unico per ottenere un ancoraggio sufficiente. I moderni bracket edgewise del tipo straight wire (v. Cap. 12) sono progettati per un posizionamento specifico su ciascun tipo di dente. Con i bracket in questa posizione, un filo rettangolare modellato secondo un’arcata ideale, se inserito a pieno spessore negli slot dei bracket, teoricamente è in grado di muovere i denti nel loro rapporto ideale con tip, torque e rotazioni corrette. In un paziente ideale non dovrebbe quindi essere necessario inserire nell’arco delle pieghe di primo, secondo e terzo ordine; da qui il nome straight wire. Se i denti fossero eccessivamente malposizionati, un filo rettangolare di grandi dimensioni sarebbe troppo rigido per poter essere utilizzato fin dall’inizio, per cui sarebbe necessario inserire una serie di archi progressivamente più rigidi per portare i denti in posizione ideale. Il posizionamento ideale degli attacchi su ciascun dente implica un riposizionamento dentale dove necessario per raggiungere un’occlusione ideale. Poiché il trattamento complementare riguarda solo movimenti dentali limitati, in genere non è necessario né desiderabile alterare la posizione di tutti i denti dell’arcata. Per questa ragione, quando si posiziona un’apparecchiatura fissa parziale per un trattamento complementare, i bracket vengono sistemati idealmente solo sui denti che debbono essere spostati, mentre sui denti rimanenti, che debbono essere incorporati nel sistema di ancoraggio, vengono posizionati con bande o bracket nella maniera più conveniente possibile, cercando di mantenere allineati gli slot (Fig. 20.3). Ciò consente ai segmenti di ancoraggio del filo di essere inglobati passivamente nei bracket con poche pieghe. L’impegno passivo del filo nei denti di ancoraggio produce effetti minimi sui denti che sono in una posizione fisiologicamente soddisfacente. Questo importante concetto viene illustrato in dettaglio nel paragrafo che segue, dedicato alle procedure specifiche di trattamento. Effetti della riduzione del supporto parodontale. Poiché i pazienti che necessitano di un trattamento ortodontico complementare spesso presentano problemi parodontali, occorre tenere in particolare considerazione la A A B B M = 2000 g/mm F = 200 g MF = 200 × 10 = 2000 g/mm FIGURA 20.3 (A) Bracket collocati nella posizione ideale sui denti di ancoraggio. Il posizionamento di un segmento di filo diritto determinerà l’uprighting dei denti di ancoraggio in quanto i bracket vengono allineati. Per un trattamento ortodontico complementare, il movimento dei denti di ancoraggio spesso è indesiderabile. (B) Bracket collocati nella posizione di massima convenienza. Il posizionamento di un segmento di filo diritto manterrà la posizione esistente dei bracket e quindi l’allineamento dentale. Se viene usato un filo rettangolare che si adatta a pieno spessore negli slot dei bracket e questi non sono in una posizione ideale, si può determinare una variazione della posizione vestibololinguale dei denti. È consigliabile l’uso di bracket straight wire interamente programmati e fili di lavoro un poco più piccoli degli slot dei bracket per ridurre i movimenti vestibololinguali non desiderati dei denti di ancoraggio. M = 2400 g/mm F = 200 g MF = 200 × 12 = 2400 g/mm FIGURA 20.4 (A) Centro di resistenza di un dente monoradicolato che si trova a circa 6/10 dalla distanza dell’apice del dente dalla cresta dell’osso alveolare di supporto. La perdita di altezza dell’osso alveolare o dell’attacco parodontale, come illustrato nel dente a destra, comporta una dislocazione apicale del centro di resistenza. (B) Grandezza del momento prodotto da una forza per il tipping dentale, uguale alla forza per la distanza dal punto di applicazione della forza dal centro di resistenza. Una dislocazione apicale del centro di resistenza aumenta la grandezza del momento inclinante ( MF ) per una data forza e, di conseguenza, per effettuare un movimento corporeo sarà necessaria una coppia (Mc ) opposta più grande. Ciò è impossibile da ottenersi con un’apparecchiatura rimovibile e in questo caso è necessaria un’apparecchiatura fissa (v. Cap. 10 per maggiori dettagli). 652 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti quantità di osso di supporto di ciascun dente. Quando si perde osso alveolare, l’area del legamento parodontale si riduce e le stesse forze che agiscono sulla corona producono una pressione superiore sul legamento parodontale del dente compromesso, rispetto a quello sano. Quando si è perso il supporto parodontale, la forza utilizzata per muovere i denti deve essere ridotta per prevenire eventuali danni al legamento parodontale, all’osso alveolare, al cemento e alla radice (v. Fig. 21.13). Inoltre, tanto maggiore sarà la perdita di attacco, quanto minore risulterà l’area di supporto della radice e più apicale il suo centro di resistenza (Fig. 20.4).2 Tutto ciò influenza i momenti creati dalle forze applicate alle corone e i momenti necessari per controllare il movimento radicolare (v. Cap. 10). In generale il movimento ortodontico può avvenire nonostante la perdita ossea, ma sono necessarie forze più leggere rispetto a momenti maggiori. Tempi e sequenze del trattamento (Fig. 20.5) Dopo lo sviluppo di un piano complessivo di trattamento, il passo successivo è il controllo di ogni patologia dentale in fase attiva. Prima di iniziare qualsiasi movimento dentale, devono essere eliminate carie e patologie pulpari, attraverso estrazioni, procedure ricostruttive e trattamenti canalari o apicali, se necessario. I denti trattati endodonticamente rispondono normalmente alla forza ortodontica, favorendo l’eliminazione di tutti i residui infiammatori cronici.3 I denti devono venire ricostruiti con amalgama o compositi ben modellati prima dell’ortodonzia. Corone, ponti e altre procedure ricostruttive che richiedono un’anatomia occlusale dettagliata non dovrebbero essere eseguiti fino al completamento della terapia ortodontica complementare, poiché le relazioni occlusali vengono inevitabilmente modificate dai movimenti ortodontici. Prima di iniziare qualsiasi terapia ortodontica deve essere verificata ogni eventuale patologia parodontale in fase attiva perché, se si sottopongono dei denti parodontalmente compromessi a un movimento ortodontico, si può provocare una rapida e irreversibile distruzione del loro supporto parodontale.4 Può essere necessario un periodo anche di 6 mesi per ottenere la guarigione e la scomparsa dell’infiammazione prima di iniziare lo spostamento dentale. Lo scaling, il curettage (a cielo aperto se necessario) e gli innesti gengivali, se necessari, sono da attuare preventivamente, prima di eseguire qualsiasi movimento dentale. L’asportazione chirurgica delle tasche e la chirurgia ossea devono essere rimandate al termine della fase ortodontica del trattamento, poiché durante il movimento ortodontico si verifica un significativo rimodellamento dei tessuti molli e dell’osso. Studi clinici hanno dimostrato che il trattamento ortodontico degli adulti, sia con tessuti parodontali normali che compromessi, può es- FASI DEL TRATTAMENTO: PROBLEMI COMPLESSI Piano di trattamento complessivo Stadio 1: controllo dei disturbi Rivalutazione Stadio 2: stabilire l’occlusione Stabilizzazione Stadio 3: trattamento definitivo parodonto/conservativo Stadio 4: mantenimento FIGURA 20.5 Sequenza di trattamento consigliato nei pazienti che necessitano di un trattamento ortodontico complementare. L’ortodonzia viene utilizzata per stabilire l’occlusione, ma solo dopo aver eseguito il controllo delle patologie, e l’occlusione dovrebbe essere stabilizzata prima di terminare trattamenti riabilitativi definitivi. sere completato senza perdita di attacco, sempre che si provveda a una buona terapia parodontale, in fase iniziale e durante il movimento dentale.5, 6 Durante questa fase preparatoria è necessario valutare con attenzione la partecipazione del paziente alla terapia e la sua capacità di ottenere e mantenere una buona igiene orale. Il riposizionamento dei denti e il tentativo di riabilitare l’occlusione in pazienti che non sono motivati al mantenimento di una buona igiene orale sono destinati all’insuccesso. Tuttavia, se i processi patologici in atto possono essere controllati e il paziente dimostra di essere pronto a sottoporsi alla terapia, il trattamento ortodontico complementare può migliorare in maniera significativa le procedure ricostruttive e parodontali definitive. PROCEDURE DEL TRATTAMENTO COMPLEMENTARE Raddrizzamento dei denti posteriori Considerazioni nella pianificazione del trattamento. La perdita dei denti posteriori, più spesso dei primi molari permanenti, rappresenta un problema frequente negli adulti. Quando si perde un dente posteriore, in genere, i denti adiacenti si inclinano, migrano e ruotano. Via via che i denti si spostano, i tessuti gengivali adiacenti vengono compressi e distorti con formazione di pseudotasche in cui residua la placca e che diventano virtualmente im- CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto possibili da pulire da parte del paziente. L’eliminazione di condizioni potenzialmente patologiche correlate alla mesioinclinazione dei molari costituisce la procedura più importante nel trattamento ortodontico complementare e, inoltre, ha il vantaggio di semplificare le procedure ricostruttive finali (Fig. 20.6). Quando si pianifica il raddrizzamento molare bisogna rispondere a un certo numero di domande. In primo luogo, quando il terzo molare è presente, occorre chiedersi se sia necessario sottoporre alla procedura di raddrizzamento sia il secondo che il terzo molare. In molti pazienti la distalizzazione del terzo molare collocherebbe questo dente in una posizione difficile da pulire adeguatamente oppure occlusalmente inadeguata. In tali condizioni è più indicato estrarre tale dente e raddrizzare semplicemente il secondo molare. Il raddrizzamento di entrambi i molari richiede una tecnica diversa descritta in seguito. La seconda domanda da porsi è se convenga raddrizzare i denti inclinati con un movimento di distalizzazione coronale per creare lo spazio necessario all’inserimento protesico di un ponte, oppure con un movimento radicolare in senso mesiale; in questo caso lo spazio edentulo viene mantenuto o ridotto fino alla completa chiusura, eliminando la necessità di un ponte (Fig. 20.7). Questa decisione dipende dalla posizione dei denti antagonisti, dall’occlusione desiderata, dall’ancoraggio disponibile per tali movimenti e, forse in maniera determinante, dal contorno dell’osso alveolare nell’area edentula. Se si è già verificato un esteso riassorbimento della cresta, particolarmente in senso vestibololinguale (Fig. 20.8), il movimento mesiale di una radice molare ampia nella stretta cresta alveolare procederebbe molto lentamente, con la possibilità di determinare una deiscenza dell’osso in corrispondenza delle superfici radicolari mesiali, vestibolari o linguali. Questa condizione non è compatibile con una prognosi favorevole a lungo termine. La maggior parte degli individui che necessita di un raddrizzamento molare ha perso i primi molari molti anni prima; pertanto il riassorbimento della cresta si è già verificato. In questi pazienti una chiusura completa dello spazio è quasi sempre impossibile da ottenere e da mantenere. In genere è da preferirsi la distalizzazione della corona dei molari rispetto a un movimento mesiale della loro radice; in ogni caso bisogna porre molta attenzione nell’ottenere una corretta inclinazione assiale dei molari. Le radici dei molari e premolari dovrebbero essere parallele o quasi prima di inserire un ponte (o un impianto). La terza domanda che va posta è se durante il raddrizzamento sia accettabile una leggera estrusione dei denti o se sia richiesto il mantenimento dell’altezza occlusale esistente. La distoinclinazione dei denti, in genere, comporta una loro estrusione. Questo fenomeno ha il vantaggio di ridurre la profondità della pseudotasca localizzata sulla superficie mesiale, poiché la gengiva aderente segue la giunzione amelocementizia, mentre la giunzione mucogengivale rimane stabile; questo procedimento incremen- 653 FIGURA 20.6 La perdita di un molare inferiore può determinare inclinazione e migrazione dei denti adiacenti, perdita dei contatti interprossimali, contorni gengivali inadeguati, riduzione dell’osso alveolare interradicolare ed estrusione dei denti privi di antagonista. Dato che il contorno osseo segue la giunzione smaltocementizia, si formano pseudotasche adiacenti ai denti inclinati. A B FIGURA 20.7 (A) L’uprighting di un molare inclinato per distalizzazione della corona porta all’incremento dello spazio per un elemento di ponte intermedio, mentre (B) l’uprighting del molare per mesializzazione della radice riduce lo spazio intermedio evitando la necessità di una protesi; ma ciò si verifica molto difficilmente, specialmente se si è riassorbito l’osso alveolare nell’area dove un primo molare era stato estratto molti anni prima. ta anche l’ampiezza dei tessuti cheratinizzati in quell’area. Inoltre, se l’altezza della corona clinica viene sistematicamente ridotta via via che si procede al raddrizzamento, il rapporto definitivo della lunghezza corona-radice tende a migliorare (Fig. 20.9). Al contrario, volendo mantenere il livello occlusale esistente via via che il dente si raddrizza, può essere necessaria una sua reale intrusione che determina, almeno teoricamente, un dislocamento più in profondità, sottogengivalmente, del tessuto crevicolare infetto. Inoltre l’intrusione dei molari è tecnicamente difficile in quanto richiede l’applicazione per lungo tempo di forze 654 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti L’ultima domanda è se il riposizionamento dei premolari debba rientrare nel protocollo terapeutico. Questa decisione dipende dalla posizione di questi denti, dai punti di contatto esistenti, dall’intercuspidazione con gli elementi antagonisti e dal piano ricostruttivo; nella maggior parte dei casi la risposta è affermativa. La chiusura degli spazi fra i premolari, quando possibile, migliora sia la prognosi parodontale che la stabilità dell’occlusione a lungo termine. FIGURA 20.8 La perdita del primo molare ha determinato il riassorbimento della cresta alveolare nello spazio edentulo. I secondi molari sono stati raddrizzati per distalizzazione della corona, poiché gli sforzi per mesializzare le radici probabilmente avrebbero determinato una deiscenza dell’osso alveolare sulla porzione mesiolinguale della radice. Si noti che i denti sul lato destro sono stati preparati per uno splint di stabilizzazione, il quale è stato cementato sul lato sinistro. FIGURA 20.9 Uprighting di un molare inclinato che aumenta l’altezza della corona mentre riduce la profondità della tasca mesiale. La successiva riduzione della corona migliora il rapporto fra l’altezza della corona e la lunghezza delle radici del molare. dirette in maniera precisa e d’intensità costante. Qualora non sia accettabile una leggera estrusione o una riduzione dell’altezza coronale, cosa peraltro rara, il paziente va sottoposto a una terapia complessiva pianificata di comune accordo. Apparecchiature per l’uprighting dei molari. Un’apparecchiatura fissa parziale risulta essere la preferita per l’uprighting dei molari mesioinclinati. Benché il disegno e le prestazioni possano variare, i principi sono gli stessi. Qualsiasi apparecchio può essere suddiviso in un’unità attiva e un’unità reattiva (di stabilizzazione o di ancoraggio). Per garantire un ancoraggio appropriato, nel quadrante dentale trattato dovrebbero venire inclusi tutti i denti fino al canino. Nella maggior parte dei casi bisognerebbe unire ai denti di ancoraggio il canino del lato controlaterale, utilizzando un arco linguale di stabilizzazione in filo pesante (Fig. 20.10). Questo non è obbligatorio nell’arcata inferiore, ma è consigliato nell’arcata superiore, soprattutto se manca anche un premolare. Quest’arco di stabilizzazione, da canino a canino, non solo aumenta l’ancoraggio anteriore, ma si oppone anche alla vestibolarizzazione dei denti di ancoraggio. Per i premolari e per i canini dell’unità di ancoraggio i bracket diretti sono da preferirsi alle bande. La scelta tra bande o attacchi, per i molari da raddrizzare, dipende dalle circostanze del caso. Gli attacchi diretti sui molari hanno più probabilità di staccarsi rispetto a quelli sui premolari o sui denti anteriori, per le difficoltà nel controllo dell’umidità durante il bonding e a causa delle forze occlusali che possono essere intense sugli attacchi molari. D’altra parte l’irritazione gengivale è maggiore con le bande che con gli attacchi diretti. Come regola generale le bande sui molari sono da preferirsi quando le condizioni parodontali lo consentono, ciò significa che dovrebbero essere usate nei soggetti più giovani e nei pazienti con un parodonto sano. Più elevato è il livello di compromissione parodontale in corrispondenza dei molari da bandare, maggiore sarà l’indicazione all’uso degli attacchi. Il bonding degli attacchi sulle superfici metalliche o in porcellana ha meno possibilità di successo rispetto allo smalto, perciò è meglio applicare delle bande piuttosto che degli attacchi sui denti ampiamente ricostruiti, specie a livello delle superfici vestibolari. In ogni caso il molare da raddrizzare deve disporre di un ampio bracket gemellare con uno slot convertibile e un tubo ausiliario disposto a livello gengivale. Questo tipo di attacco è elencato nella maggior parte dei cataloghi ortodontici come attacco per i primi molari, ma può essere facilmente adattato anche ai secondi molari. Se si devono raddrizzare simultaneamente il secondo e il terzo molare, il convertibile deve essere rimosso prima di cementare la banda sul secondo molare o di incollare l’attacco, mentre CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto 655 FIGURA 20.10 Nella maggior parte dei pazienti che richiedono l’uprighting dei molari è necessario un arco di stabilizzazione linguale cementato da canino a canino, per aumentare l’ancoraggio anteriore e prevenire il dislocamento vestibolare dei denti premolari di ancoraggio. Il filo in genere è in acciaio 30 mil; lo si dovrebbe posizionare sul cingolo per ottenere la massima efficacia meccanica e in modo tale che il paziente possa mantenere una buona igiene orale. La contenzione viene migliorata sia utilizzando delle piastrine di cementazione prepuntate sul filo (disponibili in commercio), sia piegando e sabbiando le estremità del filo nell’area dove verrà cementato (v. Fig. 19.15). FIGURA 20.12 In questa figura sono illustrati i bottoni linguali o cleat che consentono l’uso di elastici ausiliari e aiutano a correggere le rotazioni o i crossbite. In questo caso sono stati usati attacchi linguali e una catenella elastica per ruotare il molare. Se sono necessari degli attacchi linguali, essi dovrebbero essere saldati alle bande e non incollati singolarmente. il terzo molare deve disporre di un tubo singolo (tipicamente catalogato come tubo per secondi molari) (Fig. 20.11). Se si devono correggere rotazioni o morsi incrociati, possono essere utilizzati bottoni o ganci linguali; in questi casi è preferibile puntarli alle bande e non incollarli direttamente alle superfici linguali (Fig. 20.12). Il posizionamento dei bracket su premolari e canini dipende dai movimenti dentali che si intendono seguire. Se questi denti devono essere riposizionati, è necessario collocare i bracket nella loro posizione ideale, al centro della superficie vestibolare di ciascun dente. Tuttavia se tali denti devono semplicemente servire da unità di ancoraggio e non è programmato un loro riposizionamento, allora è preferibile disporre i bracket nella posizione di massima convenienza dove sia richiesto il minimo adattamento del filo per inserirlo passivamente (v. Fig. 20.4). A Tecnica ortodontica: raddrizzamento di un molare singolo B FIGURA 20.11 (A) Per l’uprighting di un molare singolo dovrebbe essere applicato un ampio bracket gemellare con un cappuccio convertibile e un tubo dislocato gengivalmente come su questo secondo molare inferiore. (B) Se si devono raddrizzare due molari adiacenti il cappuccio convertibile sul bracket del molare mesiale dovrebbe essere rimosso prima di cementare la banda, mentre il molare distale dovrebbe essere dotato di un tubo singolo. Tipping coronodistale con antagonismo occlusale. Qualora i molari siano solo lievemente angolati, l’allineamento iniziale viene attuato con un filo rettangolare flessibile, come il 17 × 25 in acciaio intrecciato o il 17 × 25 NiTi. Se i denti di ancoraggio richiedono un allineamento esteso, la scelta migliore è un 17 × 25 A-NiTi, che rilascia approssimativamente 100 g di forza (v. Cap. 10 per una descrizione più dettagliata di questo materiale). Se i denti di ancoraggio sono già allineati in modo corretto, il 17 × 25 in acciaio intrecciato di solito è sufficiente. Una volta controllato che il filo sia adattabile nei bracket senza subire una distorsione permanente e che i contatti occlusali non siano troppo intensi, il raddrizzamento dei molari può iniziare e un solo filo può essere sufficiente per l’intera procedura. Dal momento in cui si applica il filo iniziale, è saggio ridurre progressivamente i contatti occlusali sul molare. La loro presenza, infatti, può impedire o rallentare in modo significativo il raddrizzamento del dente, comportando un’eccessiva mobilità dello stesso. 656 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti Se il molare è molto inclinato, un filo continuo per l’uprighting ha anche l’effetto indesiderato di inclinare distalmente il secondo premolare. Pertanto è preferibile eseguire gran parte del movimento di uprighting usando un’apposita leva. Un filo pesante rettangolare (acciaio 19 × 25) viene inserito per mantenere i rapporti dentali nel segmento di ancoraggio e una leva ausiliaria viene applicata nel tubo ausiliario del molare. La leva di uprighting può essere costruita sia in beta-Ti 17 × 25 senza anse, sia in acciaio 17 × 25 con l’inserimento di un’ansa per ridurre la forza espressa (Fig. 20.13). Il braccio mesiale di questa leva deve essere adattato per giacere passivamente nel vestibolo e dopo l’attivazione viene attaccato al segmento di stabilizzazione. È importante posizionare l’uncino in modo che sia libero di scivolare distalmente man mano che il A B molare si raddrizza. È necessario inserire nella leva una leggera curvatura in senso linguale per controbilanciare le forze che tendono a inclinare i denti di ancoraggio in direzione vestibolare e il molare in direzione linguale (Fig. 20.14). Poiché il raddrizzamento di un molare inclinato, attraverso la tecnica sopra descritta, comporta considerevoli movimenti sia in senso occlusale che distale, questo metodo dovrebbe essere limitato ai casi in cui il molare terminale ha un antagonista in occlusione. È necessario ridurre con frequenti molaggi le interferenze che si vengono a generare, tuttavia i contatti occlusali residui permettono di controllare la quantità di estrusione. Questa tecnica potrebbe determinare una rapida estrusione di un molare terminale qualora manchi l’antagonista. Uprighting senza estrusione. Se il molare da raddrizzare non ha un antagonista in occlusione e non si desidera ottenere alcuna estrusione, oppure se la corona deve essere mantenuta in posizione mentre le radici vengono mesializzate, è preferibile un metodo di raddrizzamento alternativo. Dopo un allineamento iniziale dei denti di ancoraggio con un filo leggero e flessibile, un filo sezionale in acciaio 17 × 25 o 19 × 25 beta-Ti con una singola ansa a T viene adattato in modo che giaccia passivamente nei bracket sui denti di ancoraggio, mentre l’ansa a T, inserita nel molare, esercita su questo un’azione di uprighting (Fig. 20.15). Una volta inserito nel tubo molare, questo filo sposta le radici mesialmente, mentre la corona si inclina distalmente. C FIGURA 20.13 Tecnica con apparecchiatura fissa per l’uprighting di un molare singolo. (A) Si raggiunge un allineamento iniziale fra i bracket utilizzando un filo flessibile leggero, per esempio un 17 × 25 A-NiTi o un 17 × 25, acciaio inox intrecciato da molare a canino. (B) Successivamente viene posizionata una molla di uprighting con elice costruita con un filo più rigido, 17 × 25 in acciaio, nel tubo ausiliario del molare e attivata inserendo l’uncino mesiale sopra il filo di stabilizzazione. (C) Se lo scarso allineamento del molare impedisce l’estensione del segmento di stabilizzazione al bracket del molare, allora si posiziona un filo rigido di stabilizzazione in acciaio 19 × 25 solo sui premolari e sui canini (con gli attacchi incollati in modo tale che il filo sia passivo – v. Fig. 20.3). Il braccio mesiale della molla di uprighting dovrebbe essere adattato in modo tale che rimanga passivo nel vestibolo prima dell’attivazione. FIGURA 20.14 Una forza viene applicata alla superficie vestibolare del dente, per cui una molla di uprighting a elice tende non solo a estrudere il molare, ma anche a ruotarlo lingualmente, mentre intrude i premolari e li fa inclinare vestibolarmente. Per ovviare a questo effetto collaterale si dovrebbe piegare la molla di uprighting in senso vestibololinguale, in modo che quando viene inserita nel tubo molare l’uncino si trovi lingualmente al segmento di ancoraggio prima dell’attivazione (linea rossa tratteggiata). CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto 657 A FIGURA 20.16 Modifica di un’ansa a T per l’uprighting di un molare molto inclinato o ruotato. La parte terminale della molla viene inserita dalla parte distale del bracket molare. B A C FIGURA 20.15 (A) Ansa a T in filo di acciaio 17 × 25 che indica la piega di secondo ordine necessaria per l’uprighting di un singolo molare inclinato. (B) Ansa a T attivata per raddrizzare il dente mediante tipping coronale. (C) Tirando il filo distalmente al molare attraverso il tubo molare e aprendo l’ansa a T si genera una forza mesializzante che determina l’uprighting molare con un movimento mesiale della radice e chiusura dello spazio. FIGURA 20.17 (A) Molla compressa su un filo rotondo (in genere di 18 mil in acciaio) che può essere utilizzata per completare l’uprighting molare e contemporaneamente chiudere gli spazi residui nella regione premolare. (B) La molla può essere riattivata aggiungendo un mantenitore di spazio lungo il filo di acciaio. Se il piano di trattamento richiede il mantenimento o la chiusura dello spazio, è importante attivare l’ansa a T di 1-2 mm, tirando la sua estremità distale attraverso il tubo molare. L’estremità del filo viene piegata in direzione gengivale per mantenere l’apertura. Questa attivazione determina una forza mesializzante sul molare che controbilancia la tendenza della corona a inclinarsi distalmente mentre il dente si raddrizza. L’adattamento preciso del filo rettangolare nel tubo molare rettangolare controlla la posizione del dente nei tre piani dello spazio. Poiché le forze estrusive generate da questo apparecchio sono piccole, esso idealmente si adatta ai pazienti nei quali siano stati persi i denti antagonisti. Utilizzando questo apparecchio si possono trattare denti gravemente ruotati, ma in questo caso deve essere modificato il disegno dell’ansa a T in modo che il terminale del filo sia inserito dalla parte posteriore del tubo molare (Fig. 20.16). Un metodo alternativo consiste nello stabilizzare il segmento di ancoraggio, come descritto inizialmente, e nell’usare un disegno modificato della molla ausiliaria di raddrizzamento con anse a elice disposte mesialmente e distalmente.7 Rispetto all’ansa a T, questo metodo offre un controllo più preciso del sistema di forze sul molare, mentre è minore il controllo della sua posizione mesiodistale o rotazionale. Posizionamento finale di molari e premolari. Una volta che il raddrizzamento molare è stato quasi del tutto ottenuto, spesso è desiderabile aumentare lo spazio disponibile per l’elemento intermedio di ponte e chiudere qualsiasi spazio nel settore anteriore. Questo risultato viene ottenuto utilizzando un filo di base relativamente rigido, con una molla aperta infilata nel filo per produrre il sistema di forze richiesto. Utilizzando bracket con slot 0.022, il filo di base dovrebbe essere un 18 rotondo o un rettangolare 17 × 25, in acciaio. Questo deve essere inserito a livello dei denti di ancoraggio e del molare quasi in forma passiva. Il filo deve uscire dal tubo molare per circa un millimetro. Una molla aperta, inserita nel filo di base, se compressa fra molare e secondo premolare, deve esercitare una forza di circa 150 g per muovere i premolari mesialmente e raddrizzare il molare distalmente (Fig. 20.17). La molla può essere sia d’acciaio che di A-NiTi. Una molla d’acciaio deve essere riattivata possibilmente inserendo un tubo spaziatore nel filo fra la molla e il bracket; l’ampio raggio d’azione dell’A-NiTi fa sì che raramente siano necessari degli adattamenti. Tuttavia l’azione continua di una molla compressa, una volta che gli spazi premolari sono chiusi, può determinare un dislocamento anteriore dei denti di ancoraggio e degli incisivi. Pertanto l’occlusione deve essere controllata e confrontata attentamente con i modelli stu- B 658 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti dio iniziali a ogni controllo, e la molla deve essere rimossa quando il movimento desiderato è stato ottenuto. Questo è particolarmente importante quando vengono usate le molle di A-NiTi, dato il loro ampio raggio d’azione. Le apparecchiature utilizzate per il raddrizzamento di un singolo molare precedentemente descritte possono essere utilizzate nel mascellare superiore o nella mandibola, monolateralmente (Fig. 20.18) o bilateralmente (Fig. A B C D E F G H FIGURA 20.18 Uprighting monolaterale di un molare superiore molto inclinato. (A, B) Il primo molare e il secondo premolare superiori sono stati perduti con conseguenti inclinazione e migrazione dei denti adiacenti, tali da rendere necessario un uprighting molare e una ricostituzione degli spazi per poter applicare una protesi. È necessario rimuovere il terzo molare per riposizionare il secondo molare. (C) In questo caso per rinforzare l’ancoraggio sono stati utilizzati degli attacchi diretti sugli incisivi invece che un arco linguale da canino a canino. All’inizio si è applicato un filo rotondo (in acciaio 16 mil) nei bracket incisivi ed è stata utilizzata una catenella elastica per mesializzare il primo premolare, così da rendere possibile l’accesso per il bandaggio del secondo molare. Successivamente il secondo molare è stato bandato ed è stata applicata una molla ausiliaria di 19 × 25 beta-Ti per raddrizzare il molare. (E) Una volta che sia stato possibile applicare un arco continuo di 16 mil, si è utilizzata una molla compressa per mesializzare i premolari e aumentare lo spazio per un elemento di ponte e contemporaneamente proseguire l’uprighting del molare. Il posizionamento dei denti è stato completato con una molla compressa sul filo rotondo in acciaio 18 mil e una catenella elastica. (F) Ponte finito e applicato. (G) Condizione pre-trattamento. (H) Radiografia che dimostra il raggiungimento di una migliore inclinazione radicolare e contorni ossei adeguati dopo il trattamento. (Per gentile concessione del Dr. T. Shaughnessy.) CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto A B C D E F G H 659 FIGURA 20.19 Uprighting molare bilaterale nell’arcata superiore. (A) Dopo la perdita dei denti superiori i secondi molari si sono inclinati e ruotati mesialmente e si è creato un contorno gengivale mesiale non fisiologico. (B) Le radiografie evidenziano un profilo alveolare osseo inadeguato e il grado di tipping dentale. (C, D) Anse a T attivate per l’uprighting (a destra) per mesializzare la radice e (a sinistra) per distalizzare la corona incrementando lo spazio per un ponte intermedio. (E, F) Splint intracoronali che stabilizzano i denti dopo l’uprighting fino alla costruzione del ponte. (G, H) Radiografie che illustrano le procedure protesiche completate. Si osservi il miglioramento nel parallelismo radicolare e nel contorno della cresta alveolare. 20.19). Tuttavia bisogna ricordare che durante quest’ultima procedura lo stress sull’ancoraggio anteriore aumenta notevolmente. Pertanto è necessario utilizzare forze molto leggere e controllare attentamente l’occlusione anteriore. Se i denti anteriori si muovono, allora è meglio attivare un solo segmento, completare il raddrizzamento molare in un solo quadrante, stabilizzare quei denti e passare al quadrante controlaterale. Uprighting di due molari nello stesso quadrante. Poiché la resistenza offerta dall’uprighting di due molari è considerevole, si dovrebbe tentare di chiudere solo de- gli spazi modesti. L’obiettivo del trattamento consiste nel raddrizzamento dei molari mediante la combinazione di un movimento mesiale radicolare e distale coronale, aprendo leggermente lo spazio. Non è corretto tentare l’uprighting bilaterale del secondo e del terzo molare contemporaneamente, perché è inevitabile che un intervento così esteso richieda un significativo movimento dei denti in ancoraggio. Quando devono essere raddrizzati sia il secondo che il terzo molare, quest’ultimo deve essere provvisto di un tubo rettangolare singolo, mentre sul secondo molare è importante eliminare il convertibile dal bracket (v. Fig. 20.11). 660 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti Poiché il secondo molare è in genere inclinato in modo più severo del terzo molare, è utile disporre di un’aumentata flessibilità del filo mesialmente e distalmente al secondo molare stesso. Il miglior approccio consiste nell’usare inizialmente un filo molto flessibile di ultima generazione, come il 17 × 25 A-NiTi. Un’eccessiva mobilità dei denti che vengono raddrizzati può derivare sia dall’applicazione di una forza eccessiva che dalla mancata riduzione delle interferenze occlusali (tale ipotesi è più probabile se vengono utilizzati i moderni fili NiTi o beta-Ti). La durata del trattamento varia a seconda del tipo e dell’ampiezza del movimento dentale richiesto. L’uprighting di un dente per distalizzazione coronale procede più rapidamente di un movimento di mesializzazione della radice. Anche la mancata eliminazione delle interferenze occlusali prolunga il trattamento. I casi più semplici si dovrebbero concludere in 8-10 settimane, ma l’uprighting di due molari con mesializzazione delle radici può facilmente richiedere dalle 20 alle 24 settimane e la complessità nell’ottenere ciò lo pone al limite di un trattamento complementare. Stabilizzazione. Al termine del movimento di uprighting, i denti sono in una posizione instabile fino a quando non vengono applicate le protesi fisse o rimovibili, le quali forniscono una ritenzione a lungo termine. È preferibile evitare ritardi prima di passare alle protesi finali. Come regola generale si può applicare un ponte definitivo entro 6 settimane dalla rimozione dell’apparecchiatura ortodontica. Specialmente quando è programmato un impianto, si deve aspettare la guarigione ossea e l’osteointegrazione degli impianti. Per un breve periodo di tempo il retainer ortodontico può essere costituito da un filo in acciaio 19 × 25 oppure 21 × 25 beta-Ti adattato ai bracket passivamente (Fig. 20.20). Qualora sia necessaria una ritenzione per un periodo prolungato, l’approccio migliore per uno splint transitorio è la fissazione mediante filo intracoronale (19 × 25 in acciaio o più pesante), fissato in piccole cavità nei denti pilastro (v. Figg. 20.8 e 20.19). Questo tipo di splint causa un’irritazione gengivale minima e può essere lasciato in situ per un periodo di tempo considerevole, ma dovrebbe essere rimosso e incollato nuovamente per permettere l’innesto osseo e la chirurgia implantare. A Estrusione guidata Indicazioni. Un secondo importante tipo di trattamento ortodontico complementare è costituito dall’estrusione guidata di elementi dentali. I denti con difetto del terzo cervicale della radice o i denti isolati con difetti parodontali a una o due pareti pongono un problema odontoiatrico complesso (Fig. 20.21). Questi problemi possono derivare da una frattura orizzontale od obliqua, da un riassorbimento interno o esterno, da carie, da una perforazione patologica o dalla malattia parodontale. Al fine di ottenere un buon accesso per le procedure protesiche o endodontiche o per ridurre la profondità delle tasche sarebbe necessario attuare un ampio allungamento della corona che però potrebbe generare un risultato antiestetico ed un rapporto corono-radicolare sfavorevole. L’estrusione controllata rappresenta un eccellente metodo alternativo.8 L’estrusione di tali denti migliora l’accesso endodontico e permette l’uso della diga, che non sarebbe altrimenti possibile. Questa procedura permette anche di portare i margini della corona protesica in corrispondenza del tessuto dentale sano, mantenendo un contorno gengivale uniforme con un conseguente miglioramento estetico. Inoltre, l’altezza dell’osso alveolare non è compromessa, viene mantenuta la lunghezza apparente della corona e la procedura non richiede la rimozione di supporto osseo dai denti contigui. Man mano che il dente estrude, la gengiva aderente segue la giunzione amelocementizia. Questa procedura riporta anche l’ampiezza della gengiva aderente al suo livello originale. In genere è necessario effettuare un limitato rimodellamento della gengiva e, meglio, anche dell’osso, per ottenere un contorno più conforme con i denti contigui ed un’ampiezza biologica adeguata tra l’osso e la profondità del solco. Piano di trattamento. Prima di iniziare il trattamento è essenziale disporre di buone radiografie periapicali per esaminare il difetto nella sua estensione verticale, il supporto parodontale, la morfologia e la posizione della radice. La morfologia ideale è quella di una radice singola e affusolata. Le radici divergenti o ampie danno luogo, con l’estrusione, a un’approssimazione radicolare maggiore e alla possibilità di esporre l’area della forcazione interradicolare. In rari casi l’ipercementosi o una frattura della radice possono rendere complicata o impossibile l’eruzione guidata. B FIGURA 20.20 La contenzione dopo il movimento dentale dovrebbe continuare fino all’applicazione delle protesi. (A) Splint extracoronale costituito da un filo in acciaio 19 × 25 che si adatta passivamente nei bracket. (B) Se uno splint intracoronale viene applicato con resina composita determina una sofferenza tissutale minima. Si preferisce uno splint intracoronale soprattutto se la ritenzione deve continuare per più di qualche settimana. CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto 661 A B C FIGURA 20.21 Condizioni nelle quali un’eruzione guidata migliora le procedure ricostruttive. (A) Frattura coronale a livello della cresta alveolare. (B) Riassorbimento radicolare interno. (C) Difetto verticale parodontale isolato. Come regola generale, bisogna completare la terapia endodontica prima che cominci l’estrusione della radice. I denti devitalizzati si muovono altrettanto prontamente di quelli vitali e il riassorbimento radicolare difficilmente rappresenta un problema se il tempo di trattamento è breve. Per alcuni pazienti, tuttavia, il movimento ortodontico deve essere completato prima della terapia endodontica finale, in quanto uno degli scopi dell’estrusione potrebbe essere un migliore accesso per le procedure endodontiche e ricostruttive. In tali condizioni, all’inizio viene effettuato un trattamento endodontico preliminare per risolvere i sintomi del danno o della necrosi pulpare e il dente viene tenuto con un’otturazione canalare temporanea o con altro trattamento provvisorio, fintanto che non viene posizionato in sede migliore. Il tipo di estrusione viene determinato in base a tre fattori: (1) la sede del difetto (rima di frattura, perforazione radicolare, ecc.) che deve essere trattato; (2) lo spazio per posizionare il margine della protesi in modo che non si trovi alla base del solco gengivale (in genere è necessario 1 mm); (3) la possibilità di consentire uno spazio biologico all’attacco gengivale (circa 2 mm). Pertanto se una frattura fosse localizzata all’altezza della cresta alveolare, il den- te dovrebbe essere estruso di circa 3 mm; se fosse 2 mm sotto la cresta, idealmente sarebbero necessari 5 mm di estrusione. Una considerazione finale del trattamento è il rapporto corona-radice a fine trattamento, che dovrebbe essere di 1:1 o addirittura maggiore. Per stabilizzare un dente con un rapporto insoddisfacente lo si può unire ai denti adiacenti. Tasche verticali isolate, con una o due pareti, danno luogo a particolari problemi estetici se si verificano nella regione frontale della bocca. Una correzione chirurgica può essere controindicata anche per soli motivi estetici. L’eruzione guidata di tali denti, con concomitante riduzione della corona, può migliorare le condizioni parodontali mantenendo un’estetica eccellente (Fig. 20.22). Il tempo necessario per l’eruzione guidata varia con l’età del paziente, la distanza che i denti devono percorrere e la capacità di rimodellamento del legamento parodontale. In genere la velocità di estrusione può essere anche di 1 mm a settimana, senza danni per il legamento parodontale, per cui in questi pazienti sono sufficienti dalle 3 alle 6 settimane di trattamento. Forze eccessive e una velocità di movimento troppo rapida possono far correre il rischio di un danno tissutale e di un’anchilosi. 662 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti A B C D E F G H I J FIGURA 20.22 (A) Questo incisivo centrale presenta una corona che era stata scheggiata in precedenza, e al momento della visita presentava un’infiammazione gengivale e un’estrusione. (B) Una radiografia periapicale ha rivelato un riassorbimento interno radicolare sotto il margine coronale. Il piano di trattamento consisteva in (C) una terapia canalare e poi nell’estrusione della radice, in modo tale che potesse essere evidenziata la struttura radicolare su cui porre il nuovo margine coronale. (D) All’inizio è stata utilizzata una legatura elastica da un settore di arco all’uncino sul perno cementato nel canale radicolare. (E) In seguito sono state utilizzate delle anse costruite su un arco rettangolare flessibile per ottenere un movimento più veloce ed efficiente. Si sono verificati 4 mm di estrusione in altrettante settimane. (F-H) È stato eseguito un lembo a riposizionamento apicale per conformare correttamente il contorno gengivale e poi (I, J) sono stati preparati il moncone e la corona in ceramica definitiva. Si è riusciti ad evitare l’estrazione del dente ed è stato possibile ottenere un restauro adeguatamente estetico. (Per gentile concessione del Dr. H. Fields.) 663 CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto Tecnica ortodontica. Poiché l’estrusione è il movimento dentale che si manifesta più facilmente (al contrario dell’intrusione), in genere i denti adiacenti offrono un ancoraggio adeguato. L’apparecchiatura deve essere rigida sui denti di ancoraggio, ma flessibile nel punto di attacco del dente che deve essere estruso. Ciò controindica l’uso di un filo flessibile continuo il quale, pur inducendo l’estrusione desiderata, causerebbe un tipping dei denti adiacenti verso il dente che deve essere estruso, riducendo lo spazio per una successiva ricostruzione e alterando i contatti interprossimali all’interno dell’arcata (Fig. 20.23). Due sono le apparecchiature che si possono utilizzare, una con gli attacchi ortodontici (Fig. 20.24 A) e l’altra senza (Fig. 20.24 B-D). È possibile utilizzare un filo pesante di stabilizzazione 19 × 25 in acciaio, direttamente incollato con il composito sulle superfici vestibolari dei denti adiacenti.9 Sul dente che deve essere estruso viene applicato un perno moncone con una corona provvisoria in cui viene inserito un gancetto; a questo viene agganciato un modulo elastico o una molla ausiliaria in NiTi per estrudere il dente (v. Fig. 16.22 per l’uso delle molle piggyback in NiTi). Questa apparecchiatura è semplice, consente un eccellente controllo sui denti di ancoraggio ed evita l’uso di complicati bracket ortodontici; tuttavia si può raggiunge- FIGURA 20.23 Sebbene un filo ortodontico diritto attivato apicalmente determini una forza estrusiva sul dente, potrà anche provocare un tipping reciproco dei denti adiacenti, riducendo lo spazio disponibile per l’estrusione del dente. re un miglior controllo dentale quando si usano gli attacchi ortodontici. L’alternativa consiste nell’utilizzare gli attacchi incollati sui denti di ancoraggio, mettere gli attacchi o le bande sui denti che devono essere estrusi ed utilizzare una modifica dell’apparecchiatura con ansa a T descritta precedentemente. Se la superficie vestibolare del dente che deve essere estruso è intatta, è possibile incollare direttamente un bracket in direzione gengivale (Fig. 20.25). Se la corona è completamente distrutta, si può applicare una banda ortodontica con un bracket sulla superficie residua della radice A B C D FIGURA 20.24 Possibili meccaniche per l’estrusione di un singolo dente. (A) Posizionando bracket e bande sui denti e utilizzando un’ansa a T modificata in acciaio 17 × 25 o beta-Ti 19 × 25, si può estrudere un dente controllandone contemporaneamente l’inclinazione mesiodistale. (B-D) L’estrusione può essere ottenuta anche senza attacchi ortodontici convenzionali cementando un filo di stabilizzazione in acciaio 19 × 25 direttamente sulla superficie vestibolare dei denti contigui. Una catenella elastica viene applicata tra il filo di stabilizzazione e un pernino posizionato direttamente sulla corona del dente che deve essere estruso. Se si può utilizzare una corona provvisoria per motivi estetici durante l’estrusione, come illustrato in (C e D); essa deve essere progressivamente ridotta per rendere possibile il movimento dentale. (Da B a D, per gentile concessione del Dr. L. Osterle.) 664 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti (Fig. 20.26). Una banda ortodontica ha il vantaggio di favorire le procedure di isolamento durante la terapia endodontica d’urgenza. È utile il bonding di due o tre denti adiacenti da utilizzare come unità di ancoraggio. Talvolta i bracket su questi denti di ancoraggio possono essere applicati più occlusalmente rispetto alla posizione ideale. Si uti- lizza un’ansa a T in filo 17 × 25 in acciaio o del tipo 19 × 25 beta-Ti, in cui l’altezza dell’ansa è determinata dalla profondità del vestibolo. La parte di filo che viene introdotta nel dente che deve essere estruso va modellata in modo da trovarsi occlusalmente rispetto al segmento di ancoraggio. Il filo deve adattarsi al segmento di ancoraggio in B A C D E FIGURA 20.25 (A) Canino inferiore in cui si evidenziano un riassorbimento radicolare interno e una sospetta perforazione laterale. L’accesso è poco favorevole e un allungamento chirurgico della corona clinica può compromettere l’integrità parodontale dei denti adiacenti. (B) Apparecchiatura segmentata con ansa a T attiva per estrudere il canino. Il bracket è stato posizionato il più gengivalmente possibile e la corona deve essere ridotta occlusalmente per consentire l’estrusione. (C) Il canino è stato estruso. Si osservi il rapporto del bracket con il margine gengivale. (D) L’estrusione ha portato la perforazione laterale a livello del margine alveolare, rendendo possibile l’accesso per il trattamento endodontico. (E) Il controllo a due anni dimostra la stabilità del risultato. Si osservi la quantità eccellente di osso alveolare sui denti adiacenti. (Da Tuncay O.C.: J Prosthet Dent 46:41-47, 1981.) 665 CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto A C B D E FIGURA 20.26 (A) Cuspide linguale di un secondo premolare superiore fratturata sotto la gengiva a livello della cresta alveolare. (B) Il dente è stato trattato endodonticamente per risolvere la sintomatologia acuta. (C) Viene posizionata una banda ortodontica nella posizione più gengivale possibile; si usa un sezionale con ansa a T per estrudere il premolare. (D) La corona viene ridotta occlusalmente via via che il dente è estruso. (E) Il tessuto gengivale in eccesso viene rimosso chirurgicamente esponendo il margine di frattura; il dente è ora pronto per ricevere un perno moncone e per la ricostruzione. Si osservi il buon contorno gengivale e la presenza di lunghezze coronali funzionali comparabili. (Da Tuncay O.C.: J Prosthet Dent 46:41-47, 1981.) maniera ragionevolmente passiva, a meno che non si desideri un ulteriore allineamento di questo segmento; l’ansa a T non deve irritare i tessuti gengivali una volta inserita. Il filo rettangolare offre la possibilità di un controllo tridimensionale della posizione dei denti durante l’estrusione. Qualsiasi apparecchiatura venga usata, il paziente deve essere visto ogni 1-2 settimane per ridurre la superficie occlusale del dente che viene estruso, per controllare l’infiammazione e valutare i progressi. Dopo che il movimento dentale attivo è stato completato, il dente deve essere stabilizzato utilizzando un filo rettangolare che si adatti passivamente a tutti i bracket (se sono stati usati), o collegando il gancetto al filo di stabilizzazione incollato. La contenzione consente una riorganizzazione appropriata delle fibre del legamento parodontale e il rimodellamento dell’osso alveolare, rendendo difficile la recidiva. In genere, dopo l’estrusione, dovrebbero essere sufficienti 3-6 settimane di contenzione. Se è necessario eseguire un intervento di chirurgia parodontale per il rimodellamento dell’osso alveolare e/o della gengiva, tali procedure dovrebbero essere eseguite un mese dopo il completamento dell’estrusione. Come per l’uprighting molare, è meglio completare la terapia protesica definitiva senza un ritardo eccessivo. Allineamento dentale anteriore Indicazioni. Esistono quattro principali indicazioni per un trattamento ortodontico complementare, volto a correggere denti anteriori disallineati. 1. Migliorare l’accesso e consentire l’applicazione di ricostruzioni ben adattate e con buoni margini (per esempio, quando si è programmato di rimodellare gli incisivi con una ricostruzione in composito o quando gli incisivi parodontalmente compromessi devono essere splintati). 2. Consentire l’applicazione di corone e ponti senza sovracontorni che porterebbero a spazi interdentali inadeguati. 666 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti 3. Riposizionare le radici troppo contigue per migliorare la forma degli spazi interdentali e aumentare la quantità di osso interradicolare; ciò permette di controllare la malattia parodontale. 4. Posizionare i denti in modo da inserire gli impianti che sostengano i restauri protesici. Rotazioni, affollamenti, diastemi, morsi incrociati e denti inclinati pongono tutti notevoli problemi alle tecniche ricostruttive e parodontali. La maggior parte dei problemi di allineamento deriva da affollamenti o diastemi nell’arcata dentale. È dapprima necessario stabilire quanto sia lo spazio richiesto dall’allineamento o causato da esso. Lingualizzare o deruotare i denti anteriori richie- de spazio aggiuntivo all’interno dell’arcata. Deruotare i denti posteriori e raddrizzare quelli proclinati in genere comporta una riduzione dello spazio, mentre vestibolarizzare i denti aumenta la lunghezza dell’arcata. Si può anche creare spazio con la rimozione dello smalto interprossimale, riducendo l’ampiezza mesiodistale sia dei denti frontali che di quelli posteriori. Piano di trattamento. I denti frontali che richiedono un allineamento dovrebbero essere riportati in una posizione corretta prima della loro ricostruzione protesica. Nell’arcata superiore si può utilizzare uno stripping progressivo interprossimale per creare spazio nei limiti stabi- A B C D E F FIGURA 20.27 (A) Modelli iniziali di un paziente con un incisivo laterale superiore destro conoide, agenesia dell’incisivo laterale superiore sinistro e di un incisivo inferiore. (B) Il setup diagnostico suggerisce di distalizzare entrambi i canini, spostare l’incisivo conoide a destra e ricostruirlo adeguatamente, aumentando lo spazio per ripristinare l’incisivo laterale sinistro. (C) Un twin-bracket sezionato è stato applicato all’incisivo conoide e si è utilizzato per l’allineamento iniziale un filo intrecciato 17,5 mil. (D) I movimenti di mesializzazione o distalizzazione dei denti con catenelle elastiche o molle richiedono un filo più rigido (in genere 18 mil in acciaio) per controllare il tipping. (E) Si noti come sono stati riposizionati i denti, l’incisivo conoide è stato ricostruito con composito e gli attacchi sono stati posizionati su denti di ampiezza normale come posizionamento finale dopo la sostituzione dei laterali agenesici. (F) Si può utilizzare un retainer con un incisivo laterale posticcio prima delle procedure restaurative conclusive, ma si dovrebbero evitare lunghi ritardi nel trattamento ricostruttivo definitivo. CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto liti dallo spessore dello smalto e dai diametri mesiodistali delle corone, a livello del margine gengivale. Circa mezzo millimetro di smalto può essere rimosso dalla superficie mesiale e distale di ciascun dente superiore anteriore; ciò crea una disponibilità massima di oltre 4 mm di spazio nella parte anteriore dell’arcata. Nell’arcata mandibolare la minore ampiezza mesiodistale degli incisivi inferiori riduce la quantità di stripping interprossimale, che può essere eseguita senza che ciò comporti un’approssimazione delle radici inaccettabile. Per questa ragione un affollamento maggiore di 3-4 mm nella zona anteriore dell’arcata mandibolare richiede quasi sempre l’estrazione di un incisivo inferiore. Un “setup diagnostico” può essere molto utile per programmare il trattamento dei problemi di allineamento, soprattutto se devono essere corretti affollamenti o diastemi. Per questa procedura vengono duplicati i modelli di studio e i denti disallineati sono separati con cura dal modello; le dimensioni coronali vengono modificate, se necessario, mentre i denti vengono reincollati nella nuova posizione, sui modelli, con della cera (Fig. 20.27). Si possono provare posizioni dentali alternative per determinare la soluzione ottimale per ogni paziente. Una volta stabilita l’occlusione più soddisfacente, si può valutare la fattibilità della terapia ortodontica alla luce dei movimenti coronali e radicolari richiesti, dell’ancoraggio disponibile, del supporto parodontale di ciascun dente e della possibile presenza di interferenze occlusali. I denti possono essere disposti in maniera soddisfacente in un setup diagnostico, ma non sempre tale posizione è facile da ottenere clinicamente. D’altra parte un’apparecchiatura ortodontica non può raggiungere in bocca ciò che non può essere simulato nella cera in laboratorio. Lo stripping dei denti frontali è un metodo eccellente per guadagnare una piccola quantità di spazio; tuttavia tale trattamento dovrebbe essere attuato con cautela perché può avere effetti indesiderati sull’estetica, sulle relazioni di overbite e overjet e sull’intercuspidazione posteriore. Non si dovrebbero mai attuare terapie di questo tipo senza effettuare prima un setup diagnostico, indispensabile per essere sicuri che i denti si disporranno in maniera soddisfacente. È possibile guadagnare spazio con lo stripping dello smalto anche nei denti posteriori;10 infatti, si possono ottenere altri 4 mm, ma in tal caso è necessario applicare un’apparecchiatura ortodontica completa su tutta l’arcata. Un trattamento di questo tipo rientra nell’ambito di quelli complessivi piuttosto che di quelli complementari. Tecnica ortodontica Allineamento degli incisivi affollati, ruotati e disallineati. L’allineamento richiede quasi sempre un’apparecchiatura fissa (Figg. 20.28 e 20.29). Sui primi molari si possono applicare sia bande che bracket e tali denti servono da ancoraggio. Quest’ultimo, se necessario, può essere rinforzato con un arco linguale (v. Capp. 9 e 12). Ai denti frontali (in genere, da canino a canino) vengono ap- 667 plicati bracket edgewise e viene inserito un arco continuo iniziale ideale. Quest’arco deve essere leggero e abbastanza flessibile da poter essere fissato a tutti i bracket (ma non deve necessariamente essere inserito completamente in tutti gli slot) senza deformarsi in maniera permanente, né esercitare forze eccessive sui denti. Un arco 16 mil A-NiTi rappresenta la scelta migliore nella maggior parte dei casi. Se i denti sono solo moderatamente disallineati, è possibile ricorrere anche a un filo intrecciato in acciaio 17,5 mil (v. Cap. 16). Se il filo non viene piegato gengivalmente alle estremità distali dei tubi molari, i denti tendono a vestibolarizzarsi durante l’allineamento, cosa in genere non desiderabile. La riduzione coronale deve iniziare nel momento in cui l’apparecchiatura viene posizionata e proseguire negli incontri successivi. Se il filo non è stato inserito completamente nei bracket all’inizio (questo spesso accade con i fili A-NiTi), può venire fissato più strettamente a intervalli di 3-4 settimane. Quando è stato completato l’allineamento preliminare e il filo entra nei bracket passivamente, può essere utile passare a un filo più rigido rotondo o rettangolare per completare l’allineamento dentale (occorre ricordare che l’uso di fili rettangolari presuppone dei bracket moderni straight wire). I fili rotondi possono correggere le rotazioni e allineare i denti con movimenti di tipping, tuttavia un posizionamento corretto delle radici richiede l’uso di un filo rettangolare. I fili rettangolari non dovrebbero essere usati per l’allineamento iniziale, perché in questo stadio possono determinare movimenti indesiderati tipo “va e vieni” delle radici. Una volta che è stata raggiunta la posizione ideale di corone e radici, i denti devono essere stabilizzati. La tendenza alla recidiva dopo la correzione delle rotazioni può essere diminuita dalla recisione delle fibre sopracrestali gengivali distorte (v. Cap. 18). Immediatamente dopo la rimozione dell’apparecchiatura fissa deve essere applicato un retainer costruito in modo preciso e provvisto di un arco vestibolare perfettamente adattato. Se è stata attuata la dissezione delle fibre, la ritenzione deve essere continuata per almeno sei mesi, ma se le fibre non sono state sezionate, allora la ritenzione deve essere mantenuta di notte per un periodo di tempo indefinito. È probabilmente saggio ritardare la costruzione di qualsiasi corona da sei a otto settimane dopo l’allineamento degli incisivi per consentire il completamento del rimodellamento osseo. Il protocollo di stabilizzazione precedentemente delineato dovrebbe essere seguito a meno che le corone non vengano fuse assieme a formare un retainer permanente. Separazione di denti troppo vicini. Talvolta due denti possono mostrare una stretta contiguità radicolare. La mancanza di uno spazio interradicolare al margine gengivale rappresenta un fattore critico. Ciò non impedisce soltanto procedure ricostruttive soddisfacenti, ma espone entrambi i denti a una rapida progressione della malattia parodontale, nel caso compaia. Se le radici di tali denti 668 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti A B C D E F G H FIGURA 20.28 (A) Denti frontali superiori danneggiati con alterazione del colore dopo trattamento endodontico. (B) La fotografia dell’occlusione evidenzia il grado di affollamento e di rotazione. (C) Benché l’incisivo laterale sia stato trattato endodonticamente, l’ampiezza mesiodistale dalla corona al margine gengivale limita la quantità possibile di stripping interprossimale. (D) Si raggiunge un iniziale allineamento con un arco molto flessibile di acciaio intrecciato 17,5 mil (E) che viene riattivato o sostituito dopo tre o quattro settimane. (F) L’allineamento finale viene raggiunto con un filo più rigido (16 o 18 mil in acciaio). (G) Se è necessario mettere delle corone protesiche anteriori, le rotazioni minori possono non essere corrette ortodonticamente poiché possono essere mascherate dalla protesi. Questa procedura è più semplice su denti trattati endodonticamente, perché non c’è pericolo di un’esposizione accidentale della polpa durante la preparazione protesica. (H) Corone provvisorie applicate. A meno che le corone definitive non siano saldate assieme, la contenzione dovrebbe essere continuata per prevenire la recidiva rotazionale. CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto A B C D E F 669 FIGURA 20.29 Il trattamento ortodontico complementare può facilitare la terapia delle pigmentazioni da tetracicline su incisivi ruotati. (A) Evidenziazione delle pigmentazioni da tetraciclina. (B) Il colore delle coperture estetiche iniziali non era soddisfacente a causa dei differenti spessori mesiali e distali utilizzati per mascherare le rotazioni. (C) Un’apparecchiatura ortodontica fissa viene utilizzata insieme allo stripping delle superfici mesiali e distali degli incisivi per allineare i denti. (D) I denti riallineati vengono preparati per le ricostruzioni estetiche. (E, F) Ricostruzioni estetiche dello stesso spessore determinano un risultato significativamente migliore. (Procedure conservative per gentile concessione del Dr. H. Heymann.) debbono essere separate, il movimento dentario necessario può essere eseguito solo con un’apparecchiatura fissa (Fig. 20.30), poiché deve essere applicato un sistema di forze in grado di produrre un momento efficace per il movimento delle radici (v. Cap. 10). L’ancoraggio può essere ottenuto dai denti adiacenti o da un’apparecchiatura rimovibile. Il movimento radicolare procede più lentamente del tipping coronale e si dovrebbero prevedere dalle 8 alle 10 settimane per questo tipo di terapia. Le radiografie periapicali confermeranno il raggiungimento di un’adeguata separazione radicolare. Posizionamento dei denti per impianti singoli Piano di trattamento. Nella maggior parte dei pazienti privi di alcuni denti, assenti congenitamente o persi a seguito di un trauma o di una patologia dentale, attualmente la sostituzione dei singoli denti mediante impianti costituisce la soluzione migliore. È questa la scelta più indicata, specialmente per la sostituzione dei denti anteriori mancanti, quando i denti ad essi adiacenti sono senza carie, anche perché si vuole evitare di ricoprirli o utilizzarli per dei ponti incollati. Si devono considerare tre principali fattori critici nel determinare l’entità dello spazio per un impianto: lo spazio necessario per l’impianto stesso, l’aspetto estetico e l’occlusione.11 Per il posizionamento soddisfacente di un impianto, deve esserci sufficiente spazio sia per l’impianto che per l’osso interprossimale tra i segmenti adiacenti. Gli impianti più piccoli di solito disponibili sono larghi 4 mm a livello della spalla o della loro testa. C’è bisogno di almeno 1 mm di spazio tra l’impianto e il dente adiacente per permettere una guarigione adeguata e garantire uno spazio sufficiente per la papilla; perciò lo spazio minimo necessario è di almeno 6 mm. Lo spazio è necessario non solo a livello della cresta del ponte, ma anche tra le radici dei denti adiacenti. Gli apici dei denti adiacenti devono essere sufficientemente lontani per permettere al chirurgo di posizionare l’impianto senza danneggiare le radici o i tessuti apicali (Fig. 20.31). 670 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti Quando si sostituisce un dente con un impianto, bisogna considerare l’aspetto estetico finale. In generale è l’aspetto del dente adiacente o di quello controlaterale che suggerisce la dimensione della corona protesica. Solitamente un incisivo laterale misura circa due terzi dell’ampiezza dell’incisivo centrale e questi denti sono bilateralmente simmetrici. Un fattore critico nella determinazione del risultato estetico finale, specialmente per quei pazienti che espongono molto la gengiva quando sorridono, consiste nello stabilire un contorno gengivale armonico a livello dei denti adiacenti ad un impianto anteriore. A Anche l’occlusione può influenzare la dimensione della corona protesica. Se esiste un disallineamento degli elementi dentali sul lato opposto dell’arcata, per esempio un affollamento degli incisivi inferiori come spesso si vede negli adulti, per instaurare un rapporto di I Classe molare e canina si può ridurre lo spazio ideale per l’impianto, a meno che il paziente non venga lasciato con un overjet e/o overbite aumentato. Queste considerazioni possono rendere necessario un trattamento complesso in casi apparentemente semplici, considerati dapprima trattabili con la sola terapia complementare. B C D E F FIGURA 20.30 (A) La vicinanza radicolare fra il primo premolare mandibolare e il canino genera un problema parodontale ed estetico. (B) La radiografia evidenzia la difficoltà di ricostruire il premolare e la perdita di osso interradicolare. Il premolare deve essere distalizzato senza tipping se si vuole evitare di danneggiare le superfici radicolari dei denti adiacenti. Ciò richiede la combinazione di una forza di traslazione e di un momento per l’uprighting radicolare. (C) Un’apparecchiatura rimovibile è stata utilizzata per aumentare l’ancoraggio e un’ansa a T attiva ha determinato il momento di spostamento distale della radice del premolare tra le bande del canino e del premolare. (D) Elastici in lattice applicati all’apparecchiatura rimovibile che determinano le forze di traslazione distale sul premolare. (E) La radiografia evidenzia il movimento corporeo distale risultante del premolare e la formazione di nuovo osso interradicolare. (F) Protesi parziali con appoggi sulla corona del premolare. (Da Tuncay O.C.: J Prosthet Dent 46:41-47, 1981.) CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto A B 671 C FIGURA 20.31 Riposizionamento dell’impianto: ci deve essere sufficiente spazio non solo tra le corone dei denti adiacenti ma anche tra le radici. (A) Sebbene questo paziente abbia avuto un trattamento ortodontico precedente, la vicinanza radicolare nel sito degli incisivi laterali mancanti non permette il posizionamento di un impianto senza un ulteriore trattamento ortodontico per riposizionare le radici. (B) È necessaria un’apparecchiatura fissa per ottenere i momenti necessari per separare le radici (si noti la legatura a ponte sull’arco ortodontico). (C) Posizionamento dell’impianto dopo che è stata terminata la separazione delle radici. (Per gentile concessione del Dr. P.M. Thomas.) Tecnica ortodontica. In generale una volta che è stata pianificata la procedura per riguadagnare lo spazio necessario per la posizione corretta delle radici, la biomeccanica appare piuttosto semplice e richiede solo un attento posizionamento degli attacchi e il controllo dell’ancoraggio (Fig. 20.32). Il movimento radicolare, che procede sempre più lentamente rispetto all’angolazione coronale, determinerà la durata del trattamento. Si possono impiegare circa sei mesi per raggiungere una posizione ideale delle radici. È buona norma fare delle radiografie periapicali successive prima di rimuovere l’apparecchiatura ortodontica, per controllare l’angolazione dei denti. Il momento in cui sono posizionati gli impianti è particolarmente critico negli adolescenti e nei giovani adulti. Gli impianti che sostengono ricostruzioni protesiche non dovrebbero essere inseriti finché non si sia esaurita la crescita verticale. Per i ragazzi questo può voler dire aspettare fino all’inizio dei vent’anni. La crescita verticale nelle ragazze generalmente si completa all’età di 15-17 anni e perciò gli impianti possono essere inseriti prima rispetto ai maschi (Fig. 20.33). Una volta che gli impianti sono stati posizionati, non si verificherà più alcuna eruzione di questi denti, anche se i denti adiacenti continuano ad erompere in seguito all’incremento dell’altezza facciale verticale del paziente. L’impianto è analogo ad un dente anchilosato. Anche le piccole differenze nel livello della cresta incisale possono essere mascherate dall’allungamento della corona clinica; se, a differenza dell’impianto che non li segue, i denti adiacenti erompono il contorno gengivale può risultare irregolare, e ciò è molto sgradevole dal punto di vista estetico, specialmente nel settore anteriore superiore. Negli adulti l’inserimento di un impianto subito dopo la perdita di un dente riduce la perdita dell’osso alveolare nel recente spazio edentulo. Il mantenimento dei denti decidui, anche se le loro radici sono parzialmente riassorbite, può servire per mantenere l’altezza della cresta alveolare e l’ampiezza necessaria per il posizionamento adeguato di un impianto (v. Cap. 21 per un’ulteriore presentazione delle applicazioni degli impianti in un trattamento ortodontico complessivo). Diastema anteriore, chiusura e ridistribuzione degli spazi. La perdita dei denti posteriori, la presenza di denti molto piccoli o la diminuzione del tessuto osseo di supporto sono elementi che possono determinare uno spostamento dentale e l’apertura di spazi a livello degli incisivi. La chiusura degli spazi o la loro ridistribuzione semplificano grandemente le procedure ricostruttive e migliorano l’estetica. In genere, la chiusura degli spazi anteriori è relativamente semplice, ma spesso richiede una stabilizzazione permanente con un retainer linguale incollato, corone fuse o una protesi parziale fissa. Per un’estetica migliore, spesso il trattamento di scelta è rappresentato da una parziale chiusura dei diastemi fra gli incisivi superiori e da una ridistribuzione dello spazio seguita da ricostruzioni coronali in composito e/o sostituzione dei denti mancanti. Se il diastema è piccolo o deriva da denti adiacenti che si sono inclinati in direzione opposta, è possibile ricorrere a un’apparecchiatura rimovibile con molle a dito per chiudere gli spazi con un semplice tipping dentale. Tuttavia, se i denti sono malposizionati in modo corporeo o sono am- 672 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti A B C FIGURA 20.32 (A) In questo paziente adulto che presenta agenesie multiple, è stata utilizzata un’apparecchiatura ortodontica fissa completa prima dell’inserimento degli impianti, in modo da posizionare correttamente le radici e le corone. (B) Radiografia successiva che mostra il miglioramento della posizione dentale verso la fine del trattamento ortodontico. (C) Impianti in sede. (Per gentile concessione del Dr. P.M. Thomas.) CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto piamente distanziati, occorre utilizzare un’apparecchiatura fissa per controllare la posizione sia delle corone che delle radici. Si usa un arco modellato in modo ideale, che può essere continuo da molare a molare, se devono essere spostati diversi denti, o può comprendere soltanto il segmento anteriore dell’arcata, se devono essere spostati solo 2 o 3 denti. Si posizionano i bracket sui denti distopici e su un numero adeguato di denti per un appropriato ancoraggio. L’allineamento iniziale è attuato utilizzando un filo leggero come un A-NiTi 16 mil o un filo d’acciaio intrecciato 17,5 mil. Questo filo viene sostituito 3 o 4 settimane dopo aver ottenuto un allineamento dei bracket, con un filo in acciaio rotondo 16 o 18 mil, lungo il quale i denti sono fatti scorrere utilizzando catenelle elastiche 673 o molle. Inizialmente i denti si inclinano, ma la rigidità del filo e gli ampi bracket contrastano quest’effetto e il risultato è un loro movimento corporeo. Se i diastemi derivano dalla presenza di denti anormalmente piccoli in arcata (per esempio se esiste una discrepanza della dimensione dentale) risulta impossibile chiudere tutti gli spazi mantenendo contemporaneamente l’intercuspidazione posteriore. In questo caso i denti devono essere posizionati in modo ideale, affinché le corone possano essere ricostruite nella giusta dimensione in composito o protesicamente (Fig. 20.34). Nell’evenienza in cui la maggior parte dello spazio di un diastema interincisivo superiore venga ricostruito in composito, se il diastema è stato chiuso parzialmente si osserverà sempre una tendenza intrinseca alla riapertura dello spazio. Si racco- A B C D FIGURA 20.33 Sostituzione degli incisivi laterali superiori mancanti attraverso impianti. (A, B) All’età di 12 anni, prima del riposizionamento ortodontico degli incisivi centrali e dei canini in preparazione agli impianti. (C, D) All’età di 17 anni, dopo il riposizionamento degli impianti e delle rispettive corone. Gli impianti di solito possono essere utilizzati in età più precoce nelle ragazze rispetto ai ragazzi, ma è importante differire l’inserimento degli impianti finché non si sia esaurita la crescita verticale. (Per gentile concessione del Dr. P.M. Thomas.) 674 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti manda pertanto di applicare un filo flessibile sulla parte linguale degli incisivi come ritenzione semipermanente (v. Fig. 20.34). Le ricostruzioni sono una parte importante della ritenzione quando vengono corrette spaziature eccessive a livello dell’arcata. È consigliabile eseguire tali ricostruzioni immediatamente dopo la rimozione dell’apparecchiatura ortodontica. Il piano di trattamento migliore consiste nello stabilire la corretta posizione dei denti, mantenerli in tale posizione con l’apparecchiatura ortodontica per alcune settimane al massimo e poi eseguire le ricostruzioni in composito nella stessa seduta durante la quale viene rimossa l’apparecchiatura ortodontica, o per lo meno lo stesso giorno. Correzione del crossbite I morsi incrociati si possono manifestare in qualsiasi parte dell’arcata e spesso causano problemi funzionali, quali interferenze, traumi e carichi occlusali impropri. I morsi incrociati anteriori costituiscono anche un problema estetico. Se sono coinvolti solo uno o due denti, in genere i crossbite derivano dal dislocamento di denti affollati o da una loro eruzione ectopica. Se è coinvolto un gruppo di denti, è più probabile che il crossbite derivi da un problema scheletrico che non può essere corretto da un trattamento ortodontico limitato. In tal caso, se non è possibile eseguire un trattamento parodontale o ricostruttivo efficace con i denti in crossbite, il paziente dovrebbe essere A B C D E F FIGURA 20.34 Se i diastemi a livello degli incisivi superiori sono da attribuire a microdonzia e a una discrepanza delle dimensioni dentali, le ricostruzioni in composito rappresentano una soluzione eccellente, ma per avere un’estetica soddisfacente può essere necessaria una ridistribuzione degli spazi prima dell’esecuzione delle ricostruzioni, come in questo paziente. (A, B) Prima del trattamento, all’età di 48 anni. (C, D) Ridistribuzione degli spazi per mezzo di un’apparecchiatura fissa con molle su un arco di filo 16 mil in acciaio, immediatamente prima della rimozione dell’apparecchiatura ortodontica e del posizionamento delle ricostruzioni (da effettuarsi lo stesso giorno). In questo paziente è stato usato un filo intrecciato 17,5 mil per l’allineamento iniziale prima di posizionare le molle. (E, F) Le ricostruzioni sono state completate. Si osservi il retainer linguale cementato sugli incisivi centrali, costituito da un filo intrecciato 21,5 mil, per prevenire una parziale riapertura a livello della linea mediana. Non è stata eseguita una revisione chirurgica del frenulo, per l’età avanzata del paziente. 675 CAPITOLO 20 Trattamento ortodontico complementare nell’adulto sottoposto a un trattamento ortodontico complessivo che includa anche la chirurgia ortognatica. Se il crossbite è dovuto a una malposizione dentale e se la correzione richiede solo movimenti di tipping, allora è possibile usare un’apparecchiatura rimovibile per inclinare i denti fino a ottenere una posizione normale. Tuttavia, se si utilizza un’apparecchiatura rimovibile, via via che i denti si inclinano vestibolarmente si osserva un cambiamento verticale della loro posizione occlusale (Fig. 20.35). Inclinare gli incisivi superiori vestibolarmente per correggere un crossbite anteriore quasi sempre determina un’intrusione apparente e una riduzione dell’overbite. Ciò comporta un problema durante la contenzione, poiché un overbite positivo serve per mantenere la correzione del crossbite. Un’apparecchiatura fissa, in genere, è necessaria per il controllo verticale nella correzione dei crossbite anteriori. Nei segmenti posteriori frequentemente i crossbite si correggono utilizzando “elastici da cross”, usati a partire da un dente dell’arcata antagonista in posizione conveniente. Questo approccio inclina i denti sino al raggiun- gimento di un’occlusione corretta, ma tende anche a estruderli (Fig. 20.36). Gli elastici da cross devono essere usati con cautela negli adulti, perché l’estrusione dei denti posteriori può modificare i rapporti occlusali in tutta la bocca. FIGURA 20.35 Una forza diretta in senso vestibolare prodotta da un’apparecchiatura rimovibile inclinerà il dente e produrrà un’intrusione apparente della corona, con riduzione dell’overbite. B C D E A FIGURA 20.36 (A) Per ”superare il morso” gli elastici da cross producono sia forze orizzontali che verticali ed estrudono i denti mentre li muovono in senso vestibololinguale. Se si usano questi elastici per correggere i crossbite posteriori in un adulto, si deve fare attenzione a non aprire eccessivamente il morso anteriormente. Gli elastici da cross sono raramente indicati per i crossbite anteriori. (B) Crossbite vestibolare di un secondo molare in un paziente di 50 anni che ha perso il primo molare inferiore alcuni anni prima. Il secondo molare inferiore si è inclinato mesialmente e lingualmente. (C) È stata usata un’apparecchiatura ortodontica standard per l’uprighting di un molare inferiore, costituita di una banda sul secondo molare inferiore, un filo linguale mandibolare da canino a canino per aumentare l’ancoraggio e bracket applicati sulla superficie vestibolare di premolari e canini. Inoltre sono state poste una cannula linguale sulla banda del molare inferiore e una banda con un uncino vestibolare sul secondo molare superiore, così da poter utilizzare elastici da cross. (D) Si è completato l’uprighting molare dopo la correzione del crossbite. (E) Ponte finito e applicato. Questo è un tipico trattamento ortodontico complementare. Il morso profondo anteriore e l’allineamento degli incisivi non rappresentavano un problema per questo paziente, perciò non sono stati corretti. 676 SEZIONE VIII Trattamento ortodontico negli adulti Se il controllo verticale è critico e richiede un certo movimento corporeo per la correzione del crossbite, è possibile usare un arco ideale che comprenda i primi molari e due o tre denti su entrambi i lati del dente che deve essere spostato. Si applicano fili rotondi progressivamente più rigidi per allineare le corone, ma la correzione finale della posizione radicolare può essere attuata solo inserendo un filo rettangolare quasi a pieno spessore. La forza reciproca tende a muovere i denti di ancoraggio in crossbite. Per evitare ciò è possibile utilizzare una barra transpalatale sui molari (Fig. 20.37) o una placca rimovibile in acrilico che si adatti specificamente alla superficie palatale dei denti di ancoraggio adiacenti. Il filo rettangolare può essere modellato per controllare il dente nei tre piani dello spazio. Se è presente un profondo overbite, la correzione del crossbite è molto più facile se si utilizza una placca di svincolo provvisoria. Queste placche vanno costruite con attenzione e devono toccare le superfici occlusali di tutti i denti per prevenire qualsiasi estrusione durante la terapia. La chiave del mantenimento della correzione dei morsi incrociati sta nell’ottenere un buon overbite. In alternativa si può utilizzare una ricostruzione della corona per FIGURA 20.37 Durante la correzione di un crossbite si può controllare il tipping e l’estrusione dentale utilizzando un’apparecchiatura fissa. Si ottiene l’ancoraggio dai denti adiacenti e dal molare controlaterale, se necessario, che può venire incluso tramite una barra transpalatale come qui illustrato. Un filo flessibile posizionato nei bracket genera le forze adeguate necessarie. garantire un adattamento occlusale positivo, eliminando qualsiasi interferenza bilanciante delle cuspidi linguali dei denti posteriori. Bibliografia 1. Amsterdam M: Periodontal prosthesis: twenty-five years in retrospect. Part II. Occlusion, Compend Contin Ed Dent 5:325-334, 1984. 2. Kusy RP, Tulloch JFC: Analysis of moment-force ratios in the mechanics of tooth movement, Am J Orthod Dentofac Orthop 90:127-131, 1986. 3. Spurrier S, Hall S, Joondeph D et al: A comparison of apical root resorption during treatment in endodontically treated or vital teeth, Am J Orthod Dentofac Orthop 97:130-134, 1990. 4. Wennstrom JL, Stokland BL, Nyman S, Thilander B: Periodontal tissue-response to orthodontic movement of teeth with infrabony pockets, Am J Orthod Dentofac Orthop 103:313-319, 1993. 5. Artun J, Urbue KS: The effect of orthodontic treatment on periodontal bone support in patients with advanced loss of marginal periodontium, Am J Orthod Dentofac Orthop 93:143-148, 1988. 6. Boyd RL, Leggott PJ, Quinn RS et al: Periodontal implications of orthodontic treatment in adults with reduced or normal periodontal tissues versus those of adolescents, Am J Orthod Dentofac Orthop 96:191-199, 1989. 7. Roberts RW, Chacker FM, Burstone CJ: A segmental approach to mandibular molar uprighting, Am J Orthod 81:177-184, 1982. 8. Ziskind D, Schmidt A, Hirschfeld Z: Forced eruption technique: rationale and technique, J Pros Dent 79:246248, 1998. 9. Osterle LJ, Wood LW: Raising the root: a look at orthodontic extrusion, J Am Dent Assoc 192:193-198, 1991. 10. Sheridan JJ, Ledoux PM: Air-rotor stripping and proximal sealants, J Clin Orthod 23:790-794, 1989. 11. Spear FM, Mathews DM, Kokich VG: Interdisiplinary management of single-tooth implants, Sem Orthod 3:45-72, 1997. Vai a Capitolo 21